16 febbraio 2009

Ritorno al futuro. Dove andrà la veterinaria?

Riflettere sul senso del cambiamento è importante, se non vitale, per la professione e per la società in cui viviamo. Sono poi convinto che la professione veterinaria abbia una sua particolarità, e sia un piccolo laboratorio sociologico, per vari motivi.
Nel 2009 compie dieci anni un documento di studio della Organizzazione Mondiale per la Salute, elaborato tra l'altro in Italia, che si occupava di delineare il futuro della veterinaria: "Future trends in Veterinary Public Health". Sebbene documento governativo, quindi un po' ingessato ed impegnato nella mediazione politica, è interessante e vale la pena di rileggerlo.

Consideriamone qualche concetto:

- la riduzione del numero dei veterinari pubblici. "..a period of reductions in government veterinary staff and growing demand for services..". Per l'Italia, che ha un alto numero di veterinari pubblici, ed una consolidata prassi di mantenimento dell'apparato pubblico, questa tendenza sarà verso un mancato turnover, con la diminuzione delle assunzioni, ed in effetti questa tendenza è già in atto. Occorre comunque calcolare che il numero di veterinari pubblici italiani, soprattutto negli anni 80, in seguito ad una visione centralista, crebbe in modo notevole, molto superiore alle altre nazioni europee.

- sempre dalla stessa frase, l'aumento della domanda di servizi. E' in effetti un aumento potenziale, che si manifesta anche con una diversificazione delle richieste. Si richiede maggiore efficienza, rapidità, economicità del servizio reso.

- l'aumento del commercio degli animali e dei prodotti di origine animale. Non solo l'aumento in termini numerici, ma anche come complessità. I commerci avvengono tra sistemi sanitari, di allevamento e produzione, molto differenti, strutturati diversamente. L'armonizzazione è difficile, e aumentano le situazioni di non allineamento tra legislazioni, con conseguenti inconvenienti

- che senza un efficace programma di controllo nelle nazioni esportatrici aumenteranno le epizoozie (epidemie) e le contaminazioni alimentari. Non basteranno i metodi HACCP ed ISO, seppure importanti. E' vero. Ce ne siamo accorti. Dal latte alla melamina alla carne alla diossina.

Il documento si chiedeva, 10 anni fa, come potranno essere assolti i compiti della veterinaria pubblica in futuro? ("the questions to be answered are: how can current and future functions of VPH services be fulfilled, and what kind of delivery systems will have to be designed?")
La risposta, per molti versi ovvia, sta nella "multifocal leadership", la collaborazione tra settore privato e pubblico, e nel concetto che "the private sector should play an increasingly prominent role".

Senza settore privato non si va da nessuna parte, gli scopi della veterinaria pubblica falliranno miseramente, con danno di tutti. Questo è un concetto che anche appunto l'OMS condivide, ma che in Italia stenta a passare. Da noi abbiamo ancora un'impostazione statalista, centralista, per cui "pubblico è meglio".

Sfortunatamente, "Success or failure will ultimately depend on the ability to translate these concepts into practice." E fino ad adesso, abbiamo visto poco. Certamente i convenzionati sono attualmente molto diffusi nella veterinaria pubblica, come d'altronde lo sono in tutto il mondo, ma i pubblici dipendenti continuano a ritenere di essere in posizione "superiore", quasi spocchiosa.
La strada è certamente nella sussidiarietà, nell'affidamento al privato delle funzioni che si possono delegare, nell'alleggerimento della struttura pubblica, che continua invece ad essere restia e a mantenere il sistema poco efficiente e costosissimo.

E' ora di cambiare e salire finalmente sulla DeLorean. Chi guida? Il problema è che di scienzati pazzi ne abbiamo molti, troppi...

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