Perché in Italia la selezione funziona molto spesso al contrario, e nelle organizzazioni avanzano i peggiori, i più ambiziosi o comunque le mezze calzette? Perchè non ci possiamo meritare di meglio dalla "politica", intendendo in senso lato qualsiasi esercizio del governare, ad ogni livello? Esiste un motivo strutturale che ci condanna a questa situazione o siamo vittime di qualcuno?
Queste domande partono dalla lettura del libro di Irene Tinagli "Talento da svendere". Chi è Irene Tinagli? Direi che è stata la personificazione del motto di Nanni Moretti "mi si nota di più se vado o non ci vado?", perché la sua popolarità è aumentata notevolmente quando si è dimessa dal direttivo, dal gruppo progettuale, del Partito Democratico, con giuste motivazioni: in un anno nessuno mi ha chiesto niente. Ha mostrato una buona dote di preveggenza, come vediamo in questi giorni.
Nel suo libro Irene Tinagli si pone delle domande importanti. Personalmente non condivido totalmente le sue risposte che mi paiono più orientate allo statalismo, ma certo le premesse sono utili ed interessanti.
C'è un convitato di pietra nella lettura di"Talento da svendere", ed è Richard Florida, docente dell'Università di Toronto di cui la Tinagli è assistente europea ed epigona.
Florida è diventato famoso per la sua teoria delle tre T e del loro risvolto sullo sviluppo dell'economia.
Tre T: Talento, Tecnologia, Tolleranza. Florida affermò, con brutale riassunto, che lo sviluppo di una regione, una città, una nazione, è legato alla presenza di Talento, Tolleranza, Tecnologia. Talento e tecnologia tutto sommato poteva essere prevedibile, ma tolleranza che c'entra?
Sempre con un riassunto estremo, si è notato che le nazioni con un atteggiamento più tollerante attraggono di più il talento, e ne permettono lo sviluppo.
Mi pare che Irene Tinagli centri benissimo il punto quando, a pag. 183, cita lo scrittore inglese Tobias Jones, autore di un altro libro molto importante per chi sia affezionato all'Italia. L'Italia "è sempre alla ricerca di un ordine, di una regola......discutiamo all'infinito della forma...piuttosto che pensare ai risultati che dovrebbero raggiungere...si fanno norme che regolano minuziosamente...si creano complicate norme..si creano enti, agenzie, authorities, commissioni e commissari speciali. Eppure continuiamo ad avere abusi, frodi, disfunzioni. Il problema è che accanirsi sulla forma e le procedure serve a poco se non si cambiano le logiche che le animano e se esse vengono svincolate sai risultati e dagli obiettivi finali".
Ecco. Perfetto. Non una parola da aggiungere.
Inendiamoci, non parliamo della veterinaria, che è una piccola pozza, parliamo dell'Italia. Nel settore della veterinaria però troviamo forse il peggio.
Diversi i motivi:
- se a scrivere le regole sono degli avvocati, degli ingegneri, qualche speranza ce l'hai. Se è un veterinario, bisogna dire come D'Annunzio. "L'autore di questi versi è un veterinario, non uno scrittore". E aveva ragione. Manca, per diverse cause, una capacità di scrivere, quindi di pensiero.
- quando un non avvocato ci prova, a scrivere delle regole, si avvita in una serie di codicilli e formalismi che nemmeno il leguleio peggiore ci riesce. Con esiti comici e tragici.
- esiste una folta schiera di figure che non hanno un potere e lo cercano tramite regole che giustifichino la loro esistenza. Così amministrativi o dipendenti pubblici cercano di ritagliarsi un loro piccolo potere tramite la burocrazia o il formalismo, così rappresentanti eletti creano norme senza fondamento. Una volta mi è capitato di sentire in un Consiglio di un Ordine che "abbiamo deciso che non è possibile dare ad un ambulatorio il nome di una via", senza alcun fondamento legale.
- c'è la tendenza a giocare con le regole per ottenere una concorrenza a proprio vantaggio. Notare bene, ed è una verità: chi dice che non vuole concorrenza, è solo perchè la vuole a proprio favore. La fa anche lui, ma la fa sporca. Quella degli altri è sempre scorretta o sleale. Perché non la fa lui.
In veterinaria abbiamo visto il peggio della scrittura ipertrofica, cancerosa, metastatica, di regole insensate. Ci hanno dato dentro con il farmaco, le prescrizioni, le strutture, l'ECM, gli Ordini, la pubblicità, le buone pratiche, i tariffari, la ricetta veterinaria. Abbiamo norme per ogni insignificante comportamento, codicilli per qualsiasi azione, circolari per tutte le necessità. Ci dicono come, cosa prescrivere, come firmare, come dev'essere fatto il timbro. Registri, modelli, moduli, registrazioni, iscrizioni, conformità, visti, certificati per ogni minuzia. Il tutto condito con qualsiasi interpretazione velleitaria possibile ed impossibile.
La veterinaria soffre particolarmente della pretesa da parte di associazioni private di crearsi uno spazio di potere, invadendo illegalmente le istituzioni. Altro che tolleranza. L'impossibilità di dialogo è pressochè totale. Le voci non allineate sono sistematicamente escluse, amministratori vogliosi di un loro piccolo gettone si ritengono al di sopra di ogni critica, esiste un muro di gomma, una piena di facce di bronzo, incredibile. Non vengono selezionati nemmeno gli ambiziosi, che sarebbe anche accettabile. No, passano i vanitosi. Ed è peggio.
Altro che Talento e Tecnologia. Ci fermiamo molto prima.
Senza un confronto, anche forte, sulle idee, si creano solo soluzioni infelici, nauseanti. Sì, i vanitosi arrivano, ma poi quando si tratta di lavorare spariscono, o peggio, creano danni.
Come uscirne? Al solito, la stagione delle riforme deve ancora iniziare. Occorre riscrivere le regole, in una nuova e completa moralità. Attarre i talenti è imperativo, perchè la situazione è bipolare: se non attrai i talenti, selezioni i peggiori.
Se vogliamo un nuovo sviluppo, non potremo farlo senza Tolleranza, Tecnologia, Talento. Le altre sono solo scorciatoie, che non funzionano.
E purtroppo noi non possiamo dimetterci, come ha fatto Irene Tinagli. Siamo vittime obbligate.
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