Uno di questi giorni sentivo alla radio un ascoltatore, evidentemente non molto attento, che si rivolgeva ad un esperto economico chiedendogli quali saranno le difese per i piccoli risparmiatori Alitalia. La risposta dell'esperto è stata molto secca: "L'Alitalia è fallita, i suoi titoli sono carta straccia".
Forse sarà anche per questo che il titolo dell'articolo sul Sole 24 ore il 12 gennaio della Professoressa Elsa Fornero, tra l'altro componente del nucleo per la valutazione della spesa previdenziale al Ministero, mi ha colpito particolarmente.
La Professoressa Fornero conosce bene l'ENPAV, essendosene già occupata in passato, durante la deprecata crociera ENPAV del 2003 con previsioni che all'epoca sembravano pessimistiche ma poi si sono rivelate fondate.
Ah, dimenticavo. Non cercate traccia dell'articolo sulla rassegna stampa dell'ENPAV . Gli altri articoli del giorno li pubblicano, questo no. Chissà perché.
Il Sole 24 ore il 12 di gennaio è uscito con la prima, seconda e terza pagina dedicate alle Casse professionali. Cosa dice la Professoressa Fornero?
Essenzialmente che esiste un rischio, che "non è dietro l'angolo ma neppure irrealistico" che i bilanci delle Casse si rivelino insufficienti. La Professoressa è anche ottimista, dicendo che la collettività potrebbe essere chiamata a pagare le pensioni degli iscritti alle Casse, rischio secondo me non così vicino, perché le Casse sono state privatizzate, e quindi mi sembra difficile che in un futuro la collettività possa accollarsi questa onerosa solidarietà. Tra l'altro verso categorie che non sono nemmeno così ben viste, soggette a pregiudizi che la stessa docente riprende nell'articolo: "..questi lavoratori, (in generale non proprio poveri)".
Non penso proprio che i professionisti possano godere in un futuro dell'intervento dello Stato in loro soccorso. Anzi vorrei far capire come i veterinari siano particolarmente esposti ai rischi delle Casse Previdenziali, e come l'essere accomunati agli altri professionisti sia dannoso per la comprensione della nostra situazione, per diversi motivi.
La natura della professione veterinaria. Tra le professioni intellettuali, quelle che richiedono l'iscrizione ad un Albo, quella veterinaria ha la maggior componente fisica, soprattutto per i Colleghi che si occupano di veterinaria non ambulatoriale. Insomma, adesso si discute di innalzamento dell'età pensionabile, ma per un avvocato, un notaio, tutto sommato cambia poco lavorare da 65 anni a 70, anzi questi possono essere anni anche particolarmente redditizi, mentre non lo sono per un veterinario che debba visitare all'aperto cavalli o bovini, effettuando anche attività che richiedono una certa salute e scioltezza fisica.
I redditi. Non è paragonabile il reddito di un veterinario a quelli di altre professioni intellettuali, lo abbiamo visto con alcuni post recenti. Non è nemmeno ipotizzabile che in futuro i redditi della categoria crescano in modo sensibile. Se è vero che l'aumento degli iscritti porta più denaro, come cifra assoluta, nelle casse dell'Ente, nella fase attuale, questo flusso è inevitabilmente destinato a diminuire. Più iscritti significa più veterinari, e abbiamo già visto in questi anni che i redditi tendono a diminuire.
L'articolo anticipa inoltre qualche motivo della riforma che verrà presentata nel 2009 (ma possibile che io debba sempre leggere queste cose dal Sole 24ore e niente venga detto all'interno della categoria???).
Si annuncia l'aumento del prelievo ENPAV, attualmente al 10%. Secondo me passeremo al 15 o giù di lì. Probabilmente, per evitare l'effetto "50% in più", attendiamoci il 14, come i supermercati che fanno i prezzi a 99,99 euro.
Ebbene, un'aliquota di questo genere incide profondamente su redditi bassi. Già l'IVA pesa per il 20%, 2% contributo ENPAV, appunto, 13% per comodità. Rimane il 65% sul quale si paga (ipotesi medio bassa) il 30%, alla fine al veterinario rimangono 45 euro, dai quali dobbiamo ancora togliere le spese. E' un calcolo grossolano ed impuro, ma il concetto è che il prelievo su redditi bassi non è così semplice. Se prelevi ad un notaio non rompi un equilibrio, ad un veterinario magari lo stramazzi.
La femminilizzazione della categoria. Quando faccio questo discorso sento sempre le levate di scudi. Non vorrei essere frainteso: non esprimo alcuna valutazione. Sono solo fatti e constatazioni.
I laureati veterinari sono attualmente donne all'80%. La professione femminile tende a produrre redditi minori e maggiori abbandoni di carriera. L'aspettativa di vita più lunga delle donne fa si che ci sia un maggior impegno di spesa da parte dell'ente pensionistico, che paga meno pensioni di reversibilità ma più pensioni dirette.
Unica "consolazione" è che le donne percepiscono poi una pensione di reversibilità dal marito, ritrovandosi in situazione personale migliore.
Non faccio il discorso del contributo di maternità perché questo è già coperto da un contributo a parte.
Ormai è comune, quando si parla di pensioni, la frase "non so se ci arriveremo", "noi ce la sogniamo", o cose simili. Detta da un professionista, è certo espressione di una scarsa attitudine al "ragionamento economico". Se così dovesse essere, allora che si diminuisca il prelievo, lasciando libere le risorse.
Insomma, dobbiamo nuovamente lamentare che l'ENPAV non informi, non apra la discussione, affidandosi al solito alibi che "ci sono i delegati". Queste non sono riforme da delegati, sono ampie riforme "costituzionali", che richiedono una partecipazione ben più ampia e affrontata in modo diverso.
Oppure rischiamo di trovarci con una nuova Alitalia, ma non come contribuenti italiani che pagano le spese, piuttosto come professionisti al posto del risparmiatore di sui sopra: "è carta straccia...".
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