Si sono svolte in
questo mese, nell'indifferenza praticamente generale, le elezioni per il
rinnovo degli Ordini provinciali dei veterinari. Mi sembra utile fare un
bilancio di quello che è successo negli ultimi tre anni e dell'attività degli
Ordini suddetti e della loro Federazione nazionale, la FNOVI.
Se volessi farla
breve, basterebbe dire che non è successo niente, e tutto finirebbe qui, in
modo incontestabile. Non è cambiato niente da tre anni a questa parte per la
veterinaria, soprattutto in positivo.
Vorrei però fare
un'analisi un po' più approfondita, basandomi su un articolo della Vice
Presidente FNOVI, la Dott.ssa Carla Bernasconi. L'articolo, che leggete
cliccando qui, analizza la situazione della veterinaria italiana in maniera
abbastanza tranchant e secondo me superficiale. Intendiamoci, a me più che
un'analisi sembra un piccolo volantino elettorale, destinato più a solleticare
la "pancia" della categoria che non a creare i presupposti per un
ragionamento. La Bernasconi sostanzialmente dice "esiste una veterinaria
di serie A e una di serie B, caratterizzate dalla loro qualità intrinseca e
dalla differenza di prezzo pagato dal cliente. A me questo modo di lavorare non
va".
Sullo sfondo della questione la lotta sempre più dura tra piccole strutture, che in questo periodo magari resistono, e quelle maggiori, massacrate dai costi fissi. Queste ultime, che per forza di cose, visto il sistema elettorale, sono pure le più forti nell'ambito ordinistico (muovono più facilmente gruppi di persone che vanno a votare), soffrono la difficoltà dei costi maggiori e prezzi molto più alti alla clientela.
Un'ottima risposta è giunta da un Collega, in modo anonimo (leggila qui). La FNOVI critica l fatto che sia anonima (io mi chiederei invece le ragioni di questo fatto...)
Mettiamo anche nel
panorama il fatto che in questi anni è diminuita fortemente la propensione a
pagare del cliente, che sempre di più valuta come fattore importante il prezzo.
Tutti i parametri che
abbiamo inserito disegnano un quadro non molto favorevole per le grandi
strutture, che giocoforza si trovano a dover praticare prezzi più alti di quelli
delle strutture più "leggere", fatto questo non compensato da una
percezione qualitativa vantaggiosa da parte del loro cliente.
In questo panorama la
Vice presidente FNOVI fa un sillogismo che a me sembra un po' superficiale e
tendenzioso, distinguendo una veterinaria "di serie A" e una "di
serie B", la prima ottimale e qualitativa, la seconda spregiudicata e con
poca qualità. Il problema è che aggiunge anche il parametro "prezzo della
prestazione", legando "per forza di cose" il primo alla qualità
e il secondo alla scadente prestazione. La Bernasconi vede quindi una dicotomia
tra i due tipi di prestazione, lamentandosi dell'andazzo commerciale del mondo
e del farlo di dover scegliere tra i due tipi di fare veterinaria, concludendo
con un "io non ci sto".
L'analisi è
indubbiamente semplicistica: contiene alcuni spunti veri, reali, uniti però ad
alcuni inesattezze, direi meglio falsità, che alla fine ci fanno approdare a
conclusioni totalmente diverse. Analizziamo sia la situazione che l'articolo
della collega milanese.
Dico esplicitamente
milanese perché ci si renda anche conto del fatto che la visuale della Vice
presidente sia collegata ad una percezione che probabilmente non è la stessa
per le altre regioni. In ogni caso è vero che esistono non solo la veterinaria
di serie A e di serie B, ma anche quelli di serie C e D, probabilmente molte
altre. Esistono infiniti modi di fare veterinaria, come esistono in ogni
settore lavorativo, anche il più etico. Ci sono in medicina umana, tra gli avvocati,
i commercialisti, i cuochi, i ristoratori, insomma, si chiama
"segmentazione del mercato" e indica il fatto che esistano individui
disposti a pagare prezzi differenti per avere prestazioni apparentemente simili
ma in realtà anche differenti tra di loro. So benissimo cosa mi risponderebbe
la Collega, e cioè che lei rifiuta, e immagino anche la FNOVI, perché
l'articolo è pubblicato su una rivista ufficiale, l'impostazione commerciale
della professione.
Esistono due aspetti
delicati del ragionamento esposto nell'articolo, e cioè
- che le due
veterinarie contengano effettivamente una maggiore o minore qualità della
prestazione
- che il maggior
prezzo sia associato alla maggiore qualità del servizio fornito.
In quanto alla prima
affermazione, è troppo semplice pensare che la grande clinica sia di per sé
associata ad una più grande qualità della prestazione veterinaria. Non è così,
e non lo è in modo automatico. Troppo spesso nella grande struttura, sotto un
proprietario di esperienza, lavorano molti neolaureati a poco prezzo,
certamente uniti a specialisti che possono avere più o meno qualità
professionale. Ma troppo spesso avviene una spersonalizzazione e deresponsabilizzazione
delle prestazioni che non favorisce la qualità medica, che è fatta di attenzione
al caso, al ricordo delle impressioni precedenti, analisi dell'evoluzione dei
sintomi, tutti aspetti che possono facilmente passare in secondo piano in una
struttura con molti professionisti, dove il cliente va e non necessariamente
rivede lo stesso clinico della volta precedente. Tutti noi abbiamo avuto
l'impressione di ricevere una cattiva prestazione in un ospedale dove abbiamo
visto una volta un medico, una volta un altro, il secondo non sapeva quello che
aveva fatto il primo, che faceva una cartella clinica ma in realtà molto
scollegate,
Una buona risposta
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