25 dicembre 2014

Chi ci sta e chi non ci sta

Si sono svolte in questo mese, nell'indifferenza praticamente generale, le elezioni per il rinnovo degli Ordini provinciali dei veterinari. Mi sembra utile fare un bilancio di quello che è successo negli ultimi tre anni e dell'attività degli Ordini suddetti e della loro Federazione nazionale, la FNOVI.

Se volessi farla breve, basterebbe dire che non è successo niente, e tutto finirebbe qui, in modo incontestabile. Non è cambiato niente da tre anni a questa parte per la veterinaria, soprattutto in positivo.

Vorrei però fare un'analisi un po' più approfondita, basandomi su un articolo della Vice Presidente FNOVI, la Dott.ssa Carla Bernasconi. L'articolo, che leggete cliccando qui, analizza la situazione della veterinaria italiana in maniera abbastanza tranchant e secondo me superficiale. Intendiamoci, a me più che un'analisi sembra un piccolo volantino elettorale, destinato più a solleticare la "pancia" della categoria che non a creare i presupposti per un ragionamento. La Bernasconi sostanzialmente dice "esiste una veterinaria di serie A e una di serie B, caratterizzate dalla loro qualità intrinseca e dalla differenza di prezzo pagato dal cliente. A me questo modo di lavorare non va".

Sullo sfondo della questione la lotta sempre più dura tra piccole strutture, che in questo periodo magari resistono, e quelle maggiori, massacrate dai costi fissi.  Queste ultime, che per forza di cose, visto il sistema elettorale, sono pure le più forti nell'ambito ordinistico (muovono più facilmente gruppi di persone che vanno a votare), soffrono la difficoltà dei costi maggiori e prezzi molto più alti alla clientela.

Un'ottima risposta è giunta da un Collega, in modo anonimo (leggila qui). La FNOVI critica l fatto che sia anonima (io mi chiederei invece le ragioni di questo fatto...)



Mettiamo anche nel panorama il fatto che in questi anni è diminuita fortemente la propensione a pagare del cliente, che sempre di più valuta come fattore importante il prezzo.
Tutti i parametri che abbiamo inserito disegnano un quadro non molto favorevole per le grandi strutture, che giocoforza si trovano a dover praticare prezzi più alti di quelli delle strutture più "leggere", fatto questo non compensato da una percezione qualitativa vantaggiosa da parte del loro cliente.

In questo panorama la Vice presidente FNOVI fa un sillogismo che a me sembra un po' superficiale e tendenzioso, distinguendo una veterinaria "di serie A" e una "di serie B", la prima ottimale e qualitativa, la seconda spregiudicata e con poca qualità. Il problema è che aggiunge anche il parametro "prezzo della prestazione", legando "per forza di cose" il primo alla qualità e il secondo alla scadente prestazione. La Bernasconi vede quindi una dicotomia tra i due tipi di prestazione, lamentandosi dell'andazzo commerciale del mondo e del farlo di dover scegliere tra i due tipi di fare veterinaria, concludendo con un "io non ci sto".

L'analisi è indubbiamente semplicistica: contiene alcuni spunti veri, reali, uniti però ad alcuni inesattezze, direi meglio falsità, che alla fine ci fanno approdare a conclusioni totalmente diverse. Analizziamo sia la situazione che l'articolo della collega milanese.

Dico esplicitamente milanese perché ci si renda anche conto del fatto che la visuale della Vice presidente sia collegata ad una percezione che probabilmente non è la stessa per le altre regioni. In ogni caso è vero che esistono non solo la veterinaria di serie A e di serie B, ma anche quelli di serie C e D, probabilmente molte altre. Esistono infiniti modi di fare veterinaria, come esistono in ogni settore lavorativo, anche il più etico. Ci sono in medicina umana, tra gli avvocati, i commercialisti, i cuochi, i ristoratori, insomma, si chiama "segmentazione del mercato" e indica il fatto che esistano individui disposti a pagare prezzi differenti per avere prestazioni apparentemente simili ma in realtà anche differenti tra di loro. So benissimo cosa mi risponderebbe la Collega, e cioè che lei rifiuta, e immagino anche la FNOVI, perché l'articolo è pubblicato su una rivista ufficiale, l'impostazione commerciale della professione.

Esistono due aspetti delicati del ragionamento esposto nell'articolo, e cioè
- che le due veterinarie contengano effettivamente una maggiore o minore qualità della prestazione
- che il maggior prezzo sia associato alla maggiore qualità del servizio fornito.

In quanto alla prima affermazione, è troppo semplice pensare che la grande clinica sia di per sé associata ad una più grande qualità della prestazione veterinaria. Non è così, e non lo è in modo automatico. Troppo spesso nella grande struttura, sotto un proprietario di esperienza, lavorano molti neolaureati a poco prezzo, certamente uniti a specialisti che possono avere più o meno qualità professionale. Ma troppo spesso avviene una spersonalizzazione e deresponsabilizzazione delle prestazioni che non favorisce la qualità medica, che è fatta di attenzione al caso, al ricordo delle impressioni precedenti, analisi dell'evoluzione dei sintomi, tutti aspetti che possono facilmente passare in secondo piano in una struttura con molti professionisti, dove il cliente va e non necessariamente rivede lo stesso clinico della volta precedente. Tutti noi abbiamo avuto l'impressione di ricevere una cattiva prestazione in un ospedale dove abbiamo visto una volta un medico, una volta un altro, il secondo non sapeva quello che aveva fatto il primo, che faceva una cartella clinica ma in realtà molto scollegate,


Una buona risposta

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