8 gennaio 2010

Donne e libera professione.

Fino a quando lo dico io, magari mi viene data una patente di sessista o peggio anti femminista. Ma se lo dice Naomi Wolf voglio sperare che la si ascolti scevri da ogni pregiudizio. In un articolo su La Stampa intitolato "Middle class Donne sull'orlo della bancarotta" la Wolf parla delle difficoltà delle donne del ceto medio che in percentuale superiore a quelle della classe operaia "provano imbarazzo a parlare di denaro" e "ritengono che chiedere del denaro in cambio del lavoro sia poco femminile". Inoltre "queste giovani donne tendono anche ad avere un'idea poco realistica delle loro finanze".

Ritengo ciò che scrive la sociologa statunitense sia pienamente idoneo a spiegare uno degli aspetti di crisi della libera professione veterinaria. Certamente possiamo definire le laureate veterinarie di estrazione borghese, e renderci conto di questo handicap della donna relativamente al denaro. Non si tratta di un "difetto", ma di una caratteristica sociale, che non è utile negare o ignorare. Per la donna chiedere denaro è più difficile che non per l'uomo. Sono condizionamenti, ma che hanno un risvolto pesante, come l'articolo della femminista Wolf testimonia, sulla vita della donna. Dice Naomi Wolf che "la colpa è del tabù di-soldi-non-si-parla. Le donne della middle class ovunque nel mondo lo supereranno quando noi tutte avremo capitoche i soldi non sono mai solo soldi e che diventare economicamente preparate significa allontanarsi dal ruolo sociale assegnato alle donne: quello di persone educate, economicamente assenti, sottopagate ed abbagliate dallo shopping".

Parole perfette, che hanno un impatto tremendo quando le applichi ad un'intera professione, diventata femminilizzata.

Come ovviare a questo stato di cose? Innanzi tutto NON negando la questione, acquisendo consapevolezza del problema. Non bisogna poi viverlo come un "difetto", ma piuttosto cercare di porvi rimedio. Io penso che un ruolo dovrebbero averlo le società culturali, le associazioni, con corsi specifici mirati a questo aspetto professionale. Inutile dire che "tra i sessi non c'è differenza". C'è eccome. Non deve essere discriminante, ma deve essere risolta nel migliore dei modi, nell'interesse stesso delle donne.

Se risolveremo questa questione, allora, come scrive Naomi Wolf, "Tutte le altre tremende pressioni che spingono (le donne) alla rovina continueranno ad esistere, ma almeno un numero crescente di loro le affronterà con gli occhi bene aperti e, si spera, con molte alternative migliori".

E allora anche per le professioni femminili si aprirà uno spiraglio. Speriamo. L'importante è non demolirle prima.

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