18 giugno 2009

La deriva. Difesa d'ufficio. Perdente.

Confesso che, pur avendo acquistato il libro "La deriva" di Stella e Rizzo, non ero ancora arrivato a leggere le pagine di cui scrive il Presidente della FNOVI, Gaetano Penocchio, nel numero di novembre 2008 di 30 giorni, la rivista FNOVI.

Il tema è una vicenda su cui ritengo di essere titolato a parlare, quella della veterinaria torinese sanzionata per infrazioni tariffarie. La vicenda è nota, ed è quella che ha dato origine all'indagine dell'Antitrust sugli Ordini Professionali.

Sono stato partecipe a molti degli episodi deontologici in oggetto, e relatore nel procedimento disciplinare in oggetto. Ero Vicepresidente dell'Ordine che ha avuto l'unica dimostrazione di piazza mai svoltasi in Italia contro un procedimento disciplinare.

Mi sembra che la difesa di Penocchio sia limitata, espressione di un modo di pensare che dovremmo lasciarci alle spalle, e che dia ulteriormente acqua al mulino di Stella e Rizzo, e bisogna ammettere che "La deriva" ha delle ragioni.

Cosa dice "La deriva" e cosa dice Penocchio? Sostanzialmente, il copione che conosciamo già. Da una parte, "gli Ordini difendono interessi di parte e creano un danno per i cittadini", dall'altra "non è vero, senza un controllo sui prezzi non esiste qualità". Non entro nel dettaglio, il film lo avete già visto molte altre volte. E' quello che è sempre stato detto, scritto, dagli Ordini.

A me sembra che la difesa di Gaetano Penocchio, se pur comprensibile, non sia sufficiente e giusta, e crei più danni che benefici. Perché conferma quello che dicono Stella e Rizzo.

Due le affermazioni che secondo me dovrebbero essere abolite.

Una è "al di sotto di un certo prezzo non può esistere qualità". E' vera, come concetto di base, ma non rende vera invece "controllando le tariffe minime controllo la qualità", che è un'affermazione completamente diversa, slegata dalla prima.

E' un'affermazione retorica debole, non convincente. Il controllo di qualità dovrebbe venire prima, non dopo l'(eventuale) controllo sui prezzi, che non sostituisce il primo.
Controllare i prezzi non vuol dire valutare la qualità. E' evidente. Si può pure fare, anzi secondo me si dovrebbe, un'affermazione di questo genere, ma poi occorre supportarla con concrete posizioni, e queste non le abbiamo mai viste.

L'altra affermazione da smentire è che la pubblicità sanitaria indurrebbe "un bisogno artificioso di prestazioni sanitarie". Nel caso della veterinaria, questa è la solita rivendicazione di uno "status" sanitario contrapposto a quello commerciale. Ho già scritto molte volte di questa rivendicazione a doppio volto ed inefficace.

E' falsa. E se fosse vera, che male ci sarebbe? Le prestazioni a favore degli animali sono pagate direttamente dal proprietario, che quindi può essere legittimamente sensibile alla pubblicità. Se viene a sapere che la sterilizzazione dell'animale è utile, economica, vantaggiosa, può decidere di "comprarla". Perché no? Anzi, dovrebbe essere compito della Federazione degli Ordini stimolare il mercato. E non lo fa, anzi, lo deprime.

Se queste fossero le argomentazioni, meglio lasciarle perdere.
Piuttosto, è vero che le leggi erano quelle, e gli Ordini semplicemente le facevano rispettare. Gli Ordini sono tribunali, e facevano rispettare la legge. Magari sbagliando (anche i giudici possono sbagliare) ma nell'ambito del loro compito. Solo che se si facesse questa giusta, legittima, anche forte, difesa, bisognerebbe poi dire che adesso che le leggi sono cambiate noi ci adeguiamo, e non cerchiamo di opporci alle nuove norme. E questo gli Ordini non lo vogliono fare, desiderosi di un potere che invece la società (e pure gli iscritti) non riconoscono più loro. Questa la realtà e questa la difesa che sarebbe più efficace. Tutto il resto è rivendicazione senza costrutto.

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