14 giugno 2007

Perché i veterinari non dovrebbero vendere il farmaco

La risposta essenziale e anticipata è "perché non sappiamo farcelo pagare ".
Siamo partiti dalla fine ma per chi conosce l'argomento, il mio punto di vista è certamente chiaro.

Qualche parola in più per chi non è pratico della questione.

In tutto il mondo il veterinario svolge, oltre alla sua attività "normale" anche quella di venditore del farmaco, nel senso che vado dal veterinario e questo mi fa la visita e poi mi fornisce i farmaci necessari per fare la cura. E io li pago a lui e non devo andare in farmacia. Addirittura, se devo comprare medicinali veterinari, anche prescritti da un altro, in moltissimi paesi vado da un veterinario e trovo una specie di "farmacia veterinaria ", dove acquisterò i prodotti che mi servono. È certamente una comodità per il proprietario, un miglioramento del servizio per l'animale, che può ricevere subito la cura senza dover attendere dei giorni., un vantaggio economico per il veterinario che trae una notevole integrazione di reddito da questa vendita.

I veterinari italiani hanno ottenuto in tempi recenti, pochi anni fa, che venisse riconosciuto il loro diritto a fornire un farmaco per la prosecuzione della cura. Non vendo quindi il farmaco, ma fornisco una confezione, che inizio in quel momento, e che servirà a proseguire la cura . Se fossero necessarie altre confezioni, queste dovranno essere acquistate in una regolare farmacia, con ricetta.

Sul farmaco mediamente il guadagno è del 40%. La contabilità presenta alcune questioni, ma resta il fatto che il proprietario può uscire dall'ambulatorio veterinario con la prima confezione di farmaco, con vantaggio di tutti.

Partendo da un episodio raccontato da un amico, in cui la prima visita di un cane, i primi controlli, la fornitura di una scatola di compresse contro la filaria, scatola dal costo di 29 euro, ebbene tutta la prestazione più il farmaco sono costati 29 euro in totale, dico che non con queste modalità di lavoro non si riesce a trarre un guadagno non solo dal farmaco, ma neppure dalla propria attività.
Calcolando il costo del farmaco, dell'Iva (la prestazione è stata regolarmente fatturata), dico che per il collega era molto più conveniente fare una sana ricetta, incassare una cifra anche minore, ma avere un diretto guadagno che non complicarsi la vita così. Per niente.

Le pastiglie acquistate regolarmente dal veterinario entrano inoltre nei parametri dello studio di settore del professionista.
Posso comprendere che di fronte all'obiezione eventuale di un controllore fiscale, la situazione sia incomprensibile. Se mi trovassi a giudicare dall'esterno, sapendo che la confezione è costata almeno € 15, che ce ne sono altre cinque di Iva, non ho difficoltà ad accettare che un finanziere chieda se per nove euro lordi il veterinario farebbe una visita al sabato pomeriggio?

È molto più sano dal punto di vista economico non utilizzare il farmaco direttamente ma prescriverlo, far sì che il proprietario separi mentalmente le due spese, quella del farmaco e quella del professionista, e ricavare un guadagno pulito e sensato.

L'altra argomentazione contro la vendita del farmaco è che il margine di ricavo non è in realtà così interessante. Inoltre i proprietari entreranno presto in un sistema competitivo dove anche sul farmaco ci saranno sconti.

In conclusione, o si è in grado di applicare addirittura una maggiorazione sul prezzo del farmaco, facendo pagare il servizio, che tra l'altro è realmente utile, oppure non conviene dare questo servizio ai propri clienti. Soprattutto se per fare questo si abbassa il prezzo delle proprie prestazioni professionali.

Lo stesso dubbio mi coglie parlando della vendita di mangimi e alimenti complementari da parte del veterinario. Qui si aggiungono altre obiezioni, quali quelle che il vicino negozio di animali inizierà a parlare male di noi e della nostra attività, con un antagonismo certamente dannoso. Inoltre il mercato del cibo per animali è già fortemente competitivo, perché è già dominato dai supermercati. I margini si riducono quindi e la vendita a prezzo pieno diventa ancora più difficile.

A queste situazioni esiste un solo rimedio, o per meglio dire tre.
-non vendete il farmaco e vi fate pagare correttamente la vostra prestazione.
-vendete il farmaco e vi fate pagare correttamente, sia per il medicinale che per la parte clinica. Il farmaco è venduto almeno al prezzo di fustella e la vostra prestazione è intera, senza uno sconto "bundle". Calcolate che nel costo del farmaco sono inseriti anche le perdite dovute al fatto che qualche flacone si rompe, qualcuno va perso, ci può essere una scadenza dei prodotti.
-la vendita non viene effettuata direttamente dal veterinario ma o da una segretaria o assistente in sala d'attesa, e in questo caso il veterinario darà il farmaco e la fornitura di cibo eventuale, il pagamento avverrà presso la segreteria.

Una soluzione intelligente che ho visto in questi giorni è l'uso di un distributore automatico, tipo quelli delle merendine. Solo che distribuiva pacchetti di alimento. Il significato è in realtà un pochino diverso, ma mi pare una soluzione elegante alla questione.

Non vorrei si avverasse la mia previsione di un po’ di tempo fa: “I veterinari avranno la vendita del farmaco, ma solo quando non servirà più a niente..”. Ci perderemmo tutti: i veterinari, che non guadagnano, i clienti, che perdono un servizio utile, i pazienti che subiscono dei ritardi nella loro cura..

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Essendo parte in causa (sono l'amico col cane), mi sento di dover intervenire.
La clinica veterinaria presso cui sono stato, molto grande e ben organizzata (4 veterinari + 4 assistenti, apertura 24/7), è di un amico di famiglia.
La "fama" che si sono creati in circa 20 anni di attività è di serietà e disponibilità a prezzi medio alti, ma ragionevoli, sono quindi portato a pensare non si tratti del caso ipotizzato, ma (spero) che il trattamento di favore fosse riservato "a me" e non applicato in modo indiscriminato.
In ogni caso, se anche così non fosse (come spiegarlo al mio ego smisurato?), è nell'abc del "manuale del buon agente di commercio" la pratica di conquistare il nuovo cliente con una prestazione brillante a un prezzo favorevole.
Infine, per quanto riguarda le implicazioni fiscali, non vedo problema: la ricevuta è per il vaccino e null'altro, come è giusto che sia: "regalare" la propria professionalità ed il proprio tempo è (ancora) libertà di ognuno ;-)

corrado colombo ha detto...

Io distinguerei i due piani, ovviamente traendo dall'episodio solo uno spunto. Il piano personale, su cui il veterinario, incontrando una personalità famosa (va bene per il tuo ego? :-D) fa lo sconto o regala la prestazione, e quello di marketing professionale.
Dal primo punto di vista, ovvia libertà, anche se bisognerebbe sempre esplicitare la cosa ("Carissimo Stefano, mi consenta di omaggiarle almeno la prestazione, le addebito solo il materiale").
Come marketing, d'accordo sul conquistare il nuovo cliente con una prestazione brillante, contrario al prezzo "favorevole", d'accordo invece su un prezzo "ragionevole".
Mi spiego meglio. Il prezzo basso fa parte del marketing di massa. Cerchiamo di attrarre più clienti possibile. Una scelta che si dimostra poi perdente, soprattutto nel campo delle prestazioni professionali (più di quel tot di clienti non riesci a servire).
I veterinari spesso praticano (non dico necessariamente nel tuo caso) un prezzo "entry level" troppo basso.
E' uno sbaglio, sicuramente. Sotto tutti i punti di vista.

Anonimo ha detto...

l'EGO, commosso, ringrazia ;-)
poi, per quel che riguarda le questioni commerciali, sai che sono d'accordissimo sul non svendere (né svendersi) mai.

corrado colombo ha detto...

Apprezzerai la citazione di Bukowsky...:-)

Anonimo ha detto...

Ragazzi, sono un Veterinario Italiano che da piu' di 10 anni vive e pratica la professione di Veterinario per cavalli in Germania.All'apertura della mia Praxis ho dovuto fare richiesta alle autorita' tedesche sanitarie per avere un' autorizzazione conforme ai canoni richiesti.Vale a dire frigor per farmaci metratura, lavandino piastrelle ecc...Il tutto per gestire la farmacia veterinaria.Dopo richiesta si verifica il controllo ,e se si passa tale controllo peraltro non facilissimo, alla fine otteniamo il nostro bel diplomino di farmacisti veterinari.Con tale approvazione detta 'Beschheinigung' presso ogni ditta venditrice di farmaci veterinari tedesca e non, francese, olandese, inglese, si possono ordinare e 'vendere'farmaci con regolare fattura ai clienti.Un cliente non ha nessuna altra chance di rifornirsi altrove.....
Il guadagno cosi' aumenta.Ma nessuno lo contesta.Fenomeno ben accettato e normale.Si possono fare sconti variabili in 3 fasce di possibilita'a seconda della Berechnungs-tabellen, quindi
a discrezione del veterinario.
Dimenticavo...pagano sempre tutti!
Una tale burocrazia accadeva anche all' epoca in cui venivano pubblicati -stampati- i primi libri in europa.I primi libri infatti venivano stampati nel centro europa come la germania.Venezia li importava in modo clandestino per i suoi clienti piu' colti.Per questo e' stata scomunicata fino agli anni 60...qualcosa come qualche centinaio di anni di scomunica...senza contare che i responsabili furono affogati nella laguna......
Domanda?
L'Italia dove si sta avventurando?!...a me fa una gran pena..