Premessa (18/10/2008)
Qualche imbarazzo, anche se francamente non lo comprendo, mi ha creato la parte del post dove ci si riferisce ad un impiegato APA. Residendo io in Torino, questo è stato identificato erroneamente con un disponibile e volenteroso impiegato dell'APA locale.
Ho già precisato con i dirigenti di questa che il riferimento concreto NON era per Torino, ma di altra sede, e qui lo ribadisco.
Ci aggiungo ancora due cose:
- il problema della questione APA non sta in periferia, sta nella dirigenza. In TUTTA Italia le APA NON sanno dare risposte adeguate alle domande dell'utenza, perchè il problema nasce all'apice del sistema.
- non voglio dare patenti di stoltezza, nè averne di saggezza, come nel detto cinese. Ma per favore, se indico la luna, non guardate il dito. Qui si criticano fortemente i veterinari, si auspica un ritorno dell'Etica. Non si parla degli impiegati dell'APA, siano liguri o toscani. Non mescoliamo le carte. Non sono loro, il problema.
Buona lettura.
Non so se tutti conoscano il pasticcio dell'anagrafe equina ed attività veterinaria. Riassumendo, nell'itinere del decreto ci si pose il problema di chi dovesse effettuare i riconoscimenti e l'applicazione del microchip. le pressioni sono ovvie: cosa volete che facciano i troppi laureati o periti in Agraria, Scienza delle tecnologie alimentari o zootecniche che siano, tutti i vari laureati del prato dei miracoli che è l'Università italiana? Qualcosa da fare bisogna ben cercarsi. La FNOVI difese il fatto che quando c'è un ago, ci debba essere un'esclusiva veterinaria. Nel decreto dell'AE si parla di veterinario o figura equivalente, anche se la figura equivalente non c'è. Insomma, si lascia aperta una porta per una futura attività da parte di professionisti ancora non ben definiti, se non da definire.
La difesa della FNOVI è giusta, ovviamente. Ma rende solo parzialmente il nocciolo della questione. Anzi, allargandola, potremmo chiederci QUANDO un'attività è definibile come "veterinaria"? E perchè porre tale attività sotto il diretto lavoro del Medico Veterinario?
La difesa attuata in questo caso, ed in molti altri, è di dire che da un atto di questo tipo possono derivare malattie, infezioni, contagi, un danno all'animale, motivo per cui deve essere un veterinario, che può riconoscere e prevenire tali danni, ad agire. Vero, verissimo. Ma con una debolezza, perché non sfugge come molti altri atti simili siano effettuati da laici: dalle iniezioni per iniziare, ed in fondo un'applicazione di microchip è simile.
La risposta viene meglio ascoltando, come è capitato a me in questi giorni, mentre attendevo che l'impiegato APA mi consegnasse una serie di libretti completati per miei clienti. Lo ascoltavo parlare con un proprietario di cavalli che era lì per la registrazione dei suoi cavalli. Chiedo scusa per l'intrusione della privacy, ma era inevitabile ed è stata utile.
L'impiegato APA, per carità, bravo ragazzo, probabilmente perito agrario, parente o amico di qualche dipendente APA, dava risposte alle domande del signore assolutamente strampalate e campate in aria. Nemmeno sa cosa dice il decreto sull'AE, figuriamoci la direttiva CE 2000/68. Totalmente senza senso.
Il proprietario è uscito da lì ancora peggio di come era entrato: adesso aveva ben salde delle idee sbagliate. Ha pagato una somma che non era dovuta, probabilmente (non ho visto bene i suoi libretti, ma mi parevano regolari o regolarizzabili con poco) e non ha capito niente di quella che a lui sembra una gabella e basta.
Bisogna anche lamentare che molti Colleghi ne sappiano ancora meno dell'impiegato APA, e diano consigli dello stesso tenore.
Ma il veterinario dovrebbe avere una speciale competenza, sia legale, che pratica, che gli consente di applicare nel modo migliore il microchip, e anche di consigliare il proprietario. NON è solo il fatto manuale a configurare un'attività come veterinaria, lo è l'aspetto intellettuale, che dovrebbe distinguere gli iscritti ad un Ordine.
Un veterinario dovrebbe, deve saper affrontare tutto l'aspetto dell'Anagrafe equina, nel modo migliore e più giusto per il cliente o l'utente.
Lo ammetto: mi guardo intorno e non trovo nessuno che abbia avuto voglia di leggersi le direttive CE, il manuale operativo, le circolari. Detto così sembra molto, ma in realtà una mezza giornata di buona volontà basta ad avere una formazione sufficiente. Un minimo di fatica, da preferirsi a "chiedere a qualcuno". Certo, chiedere è importante, ma non basta, per un professionista. Occorre studio ed aggiornamento, anche sulle leggi.
A voler essere completi, non ne usciamo più. Dovremmo parlare di come miseramente viene trattato il corso di Medicina Legale veterinaria, ad iniziare dagli stessi Docenti, della confusione legislativa, dei pasticci di informazione. Troppo.
C'è solo un argomento che mi preme: l'Etica. Questo deve essere l'aspetto che caratterizza il lavoro veterinario, aspetto che invece è assente da altre professioni. L'Etica, la distinzione tra il bene ed il male, è l'aspetto primario del nostro lavoro, e la garanzia del cliente. E anche qui dobbiamo lamentare come questa importante risorsa, fondamento della professione, sia quasi persa. Gli Ordini, i Tribunali etici, sono purtroppo lontanissimi dall'etica, e si sono persi per troppo tempo dietro a questioni che non c'entravano niente, e di cui Bersani fortunatamente ci ha liberato. Dovevano, dovrebbero fare questo, giudicare l'Etica professionale. ma non lo fanno.
Sono convinto che l'Etica sia anche un'ottima fonte di guadagno: il cliente riconosce la vostra etica, statene tranquilli, e vi sceglie più per quello che per i vostri attestati di partecipazione ai congressi od appartenenza a società diverse. Etica, questo è quello che ci viene chiesto. James E. Guenther, su Equine Veterinary Management, affronta anche questo aspetto in un suo interessante articolo. Altra bella risorsa, utile, è il sito della Società Mondiale di Etica Veterinaria e la loro mailing list.
Ma il punto è questo: solo difendendo, coltivando al massimo grado l'Etica potremo difendere la professione. Tutto il resto, è molto più debole...
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