24 novembre 2007

Le strutture veterinarie. Opera di tartufismo.

Penso che il peggio del tartufismo, della voglia di norme complicate, inutili e cavillose, che ci affligge, si sia espresso riguardo alle norme sulle strutture veterinarie. Ricordiamone la storia.

Soprattutto in un panorama di concorrenza bloccata e di forte presenza di strutture veterinarie, viene data molta importanza al "come mi chiamo". Insomma, se sono un "ambulatorio" veterinario sono reputato di livello inferiore ad un "ospedale" veterinario. Da qui il fatto che, soprattutto se non posso fare pubblicità, chiamarmi ospedale è meglio che chiamarmi ambulatorio: i clienti che guardano sulle pagine gialle, cercando una struttura più qualificata verranno da me e non andranno dal mio vicino che è solo un ambulatorio.

Su questa base inizia una confusione furiosa, anche perchè uno inizia a chiamarsi Centro Veterinario, l'altro Ospedale, l'altro ancora Sanatorio veterinario e via dicendo. Circa quindici anni fa, ormai, inizia la pressione per regolamentare le strutture veterinarie e definire dei requisiti strutturali. Insomma, se io ho il laboratorio posso chiamarmi così, se non ho reparti di degenza degli animali mi chiamo in un modo e non in quell'altro.

Detta oggi, a me sa già di battaglia ridicola, ma all'epoca soprattutto SCIVAC, forse all'epoca non era ancora nata ANMVI, non la pensava così. Anche perchè era (ed è) diffuso un pensiero stupido: aumentare le barriere per ridurre le piccole strutture, i pesci piccoli. Insomma, se occorrono forti investimenti o strutture con determinati e costosi requisiti, il pesce piccolo muore.

Inizia così la storia della normativa sulle strutture, con diversi episodi di debacle. Quello che doveva essere dapprima un decreto ministeriale diventa poi un accordo della Conferenza Stato-Regioni, da recepirsi nelle diverse regioni, su un modello base, certo, ma con variazioni significative.

Come si dice sempre, l'Italia è lunga. Tradotto, significa che ci sono fortissimi possibilità che una clinica in Calabria sia molto diversa da una lombarda. Ma non è solo questo.

Ho già suggerito una volta di leggere il Manuale di stile. Lo riconsiglio a chiunque debba non solo scrivere, ma anche solo parlare. Vi aiuterà a farlo meglio, più chiaramente, a togliervi una volta per tutte il gusto di usare le "parole difficili". Ma a chi ha scritto le norme sulle strutture veterinarie, e sappiate che derivano sostanzialmente dalla FNOVI, anche se d'epoca, occorre dare la medaglia sull'impenetrabilità linguistica.

Alcune chicche. La definizione di "studio veterinario": "struttura dove il medico veterinario esercita la professione in forma privata e personale". Io grosso modo ho presente cosa vuol dire, ma sfido chiunque a sapermi rispondere in modo immediato e sicuro.

Ancora, "In tale struttura non è consentita la degenza di animali.
In deroga al precedente capoverso la eventuale permanenza diurna di animali è limitata:
- agli animali oggetto di prestazioni nell’ambito dello studio medesimo;
- al giorno in cui si sono effettuate le prestazioni"


Linguisticamente, dovete raccapezzarvici. Questo perchè quando le norme le scrivono i politici, non aderiscono alla realtà. Quando le scrivono i tecnici, cercano di scimmiottare i legali e si avviluppano in cose simili. Ma soprattutto, vengono fuori le aree grigie, di poca chiarezza, in cui nascono i cavilli, gli escamotage.
Insomma, la norma nasce già vecchia e piena dei difetti che ci hanno reso un Paese pasticciato. Sono già all'opera gli esperti dei cavilli, che renderanno il tutto un pastrocchio.

Fondamentalmente il difetto di questo approccio è sempre lo stesso: fino a quando i requisiti sono "cosa si ha", rispetto a "cosa si fa", non può funzionare. Ci sono cliniche dove si opera in modo scorretto, e studi dove si opera male. In entrambi i casi sarebbe meglio starne alla larga, come proprietari di animali. Ma le norme sulle strutture non vi aiuteranno a scegliere.

Come veterinari, il consgiglio è sempre lo stesso: comunicate in modo aperto e completo con il cliente, evitando di migliorare la vostra posizione in base a denominazioni, che sono cose ridicole. In quanto agli adeguamenti di legge, non temete. Siamo in Italia. Mi scrive un'amica: "Ho chiesto specifiche per "reparto infettivi "cosa si intende e cosa prevede strutturalmente....mi è stato risposto "basta mettere un cartello con la scritta "infettivi"".

Ma non è una buona notizia.

Nessun commento: