Potete pensarla come lui o no, ma Marco Travaglio ha pienamente ragione quando lamenta la scomparsa dei fatti: si prega di abolire i fatti per non disturbare le opinioni.
Le decisioni, le scelte, dovrebbero sempre essere legate ai fatti, alle cose concrete.
Collego questa riflessione alla veterinaria, alla legge sul farmaco veterinario. Per i non addetti, da circa una dozzina di anni la legge italiana è una delle più restrittive al mondo sul farmaco veterinario, soprattutto quello che è potenzialmente somministrabile ad animali destinati al consumo umano. Occorre una ricetta in quadruplice copia, di cui una va all'ASL, una al farmacista, una all'allevatore, una rimane al veterinario. Ci sono registri, codici aziendali, obblighi di conservazione per chiunque entri in questa filiera. Esiste un settore della veterinaria pubblica dedicato, quello della farmacovigilanza, che dovrebbe controllare tutta la distribuzione, dai grossisti ai farmacisti. Ci sono sanzioni pesantissime, leggi, codici europei, moduli e scartoffie di vario genere.
Ma il fatto fondamentale è che la distribuzione illegale, in nero, del farmaco, è floridissima. A cura di "rappresentanti" di farmaci che girano le scuderie, gli allevamenti, gli ambulatori e distribuiscono come fossero noccioline tutti i farmaci possibili e non. Arrivano farmaci dall'estero, ma questo è un canale minimo. Il grosso della torta proviene già dalle ditte. E' impossibile che non sia così. Stiamo parlando di vagonate di farmaci che girano in nero, ovviamente non fatturati e non prescritti dai veterinari, oppure prescritti irregolarmente.
Personaggi che girano distribuendo medicinali, vaccini, vermifughi, insomma, non ci sono mica problemi.
Ci sono responsabilità di chiunque, dai veterinari liberi professionisti, agli allevatori, ai controllori.
Tra l'altro secondo me il farmaco in nero danneggia soprattutto i veterinari, oltre che ovviamente i consumatori.
I controllori tirano spesso in ballo i "prescrittori", cioè veterinari compiacenti che, operando presso farmacie o grossisti, prescriverebbero "a vuoto", per creare una disponibilità di farmaco in nero. Sicuramente esisteranno, ma innanzitutto non potrebbero mai creare un giro così grande, ed inoltre dovrebbero essere i più rintracciabili: basta che mi metta a spulciare le ricette presso un grossista e lo becco immediatamente.
Quello che voglio dire è che questo giro illegale potrebbe essere stroncato immediatamente. Bastano qualche ispezione negli allevamenti, la constatazione di scorte illegali e la richiesta di chiarimenti per svolgere azione pedagogica. Al limite qualche sanzione, e tutto rientrerebbe nei ranghi.
Si preferiscono invece i controlli sui veterinari, piuttosto che quello negli allevamenti. Perché? Perché gli allevamenti sono più potenti dal punto di vista economico, hanno una forza che certo non è dei veterinari. nascono così sanzioni molto spesso insensate, e soprattutto inefficaci. Intendiamoci, non voglio negare le colpe della categoria, e tanto meno esercitare una complicità.
Mi piacerebbe però che si avviasse una seria e corretta riflessione, un bilancio, di questi anni di legge sul farmaco per chiederci "Meglio o peggio?" e da qui poi correggere concretamente gli errori fatti.
Il primo dei quali è quello di attuare un controllo burocratico e non effettivo. Di fermarci ad una serie di definizioni e regole senza utilità.
Occorre fare una sola cosa: entrare negli allevamenti, aprire gli armadietti, controllare la presenza di farmaci. In soli dodici mesi potrebbe cambiare tutto, e non in modo burocratico.
Rivediamo la legge, alleggeriamola dove si può, inaspriamola dove si deve. Un conto sono animali destinati al consumo umano, altro quelli da uso sportivo o d'affezione. Controlliamo seriamente i macelli, gli allevamenti, le aziende di produzione, i grossisti, e da qui in poi le cose potranno migliorare. Puniamo i veterinari che non operino correttamente. Il tutto in modo non burocratico. Se ci attacchiamo alle irregolarità formali perdiamo di vista la sostanza. I fatti. Ed è quello che sta succedendo in Italia.
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3 commenti:
Certo, la legge sul farmaco non ha mai funzionato e non funziona tuttora,ma perchè non diamo il farmaco in mano al veterinario come avviene nel resto d'Europa? E' più facile dare sanzioni assurde, oppure richiedere leggi insensate come la 143 dove si distinguono i buoni ed i cattivi.Sopratutto perchè non chiedono un parere a chi come me nella filiera ci vive da anni?Comunque grazie.Dott.Riccardo Madonna vicepresidente O.M.V. Asti.
Giusta osservazione, Riccardo. Grazie a te.
Un aneddoto.
Circa quindici anni fa, ero a Roma, ad una riunione di veterinari, alla presenza del Direttore dei Servizi veterinari, Romano Marabelli, e gli venne posta questa tua domanda. Penso di ricordarmela praticamente letterale: "E'una questione di lobby, e non mi pare che nel Parlamento attuale quella dei veterinari sia così forte. Personalmente non avrei niente in contrario, ma quand'anche la distribuzione del farmaco venisse affidata ai veterinari, questa dovrebbe avvenire all'interno di un circuito virtuoso".
Quello che dici è giustissimo, ma dobbiamo aggiungerci un particolare. All'estero la distribuzione del farmaco attraverso i veterinari avviene con la vendita con codici a barre, insomma, per essere chiari, tutto regolare, fatturato, esplicito.
Forse questo è il tassello che ci manca, e su cui dobbiamo lavorare: una maggiore maturità professionale. Dobbiamo chiedere più controlli, e controlli seri.
Per me, se un rappresentante va in una scuderia, e gli vende 40 vaccini in nero, è un danno enorme, ben superiore al mancato guadagno "sul farmaco".
Su questo argomento ci può essere una grande sinergia, tra liberi professionisti, servizio pubblico, aziende e grossisti seri. Uniamoci ed utilizziamola. Il momento è favorevole, le liberalizzazioni possono aiutarci. Se vogliamo.
Ciao e a presto, con piacere.
Ho costituito un gruppo di lavoro formato da Colleghi offesi dalla 143.Oltre al farmaco, chiediamo una dignità negata spesso da chi dovrebbe tutelarci.Mi farebbe piacere proporti l'idea: batti un colpo e ne parliamo.Ciao Riccardo.
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