L'inchiesta di L'Espresso mostra chiaramente come l'intramoenia allargata sia una fonte di truffa, evasione fiscale, danno allo Stato.
Ricordiamo la situazione: i veterinari pubblici in Italia, uno dei pochi paesi del mondo, sono dipendenti del Ministero della Salute, non dell'Agricoltura come nella maggior parte delle nazioni.
Se chiedete a loro perché quest'inquadramento, vi risponderanno che il veterinario è un sanitario e "cura la salute degli uomini prevenendo la salute degli animali" e controllando la carne nei macelli.
Non è così. Si tratta invece di una mossa sindacale per essere agganciati come contratto al comparto dei medici. Sostanzialmente, se fanno sciopero i veterinari pubblici non se li fila nessuno, mentre se fanno sciopero i medici cade il governo. I veterinari pubblici agganciano il loro stipendio a quello dei medici. Un caposervizio veterinario (con le loro moltiplicate aree funzionali) come un primario ospedaliero. Conveniente, no?
Ci sono molte differenze tra l'attività dei medici e quella dei veterinari pubblici, non ultima quella che questi effettuano un'attività di controllo sugli ambulatori e sull'attività dei veterinari liberi professionisti. Da qui una chiara incompatibilità, che tuttavia i veterinari dipendenti continuano a sottovalutare, nell'interesse del proprio personale portafoglio, chiedendo di poter fare sia l'attività libero professionale che quella pagata profumatamente, proprio perché agganciata a quella dei medici, da dipendenti.
Non voglio generalizzare, ma è evidente il fatto che è impossibile che esista un'illegalità da parte dei medici di circa il 40%, come testimoniata dall'inchiesta del settimanale, e non vengano mai fuori i casi, che esistono, esistono, esistono, dei veterinari.
Dipendenti che sono pagati per lavorare a tempo pieno nel servizio pubblico (prendono un'indennità specifica oltre allo stipendio!), che poi in realtà fanno visite nel loro tempo libero, ed in qualche caso anche nel loro tempo pagato dallo Stato, realizzando comunque una concorrenza scorretta, anche perché molte volte viene applicata una pressione psicologica nei confronti dell'utente, che se accetta questo sistema ne ricava poi una corsia preferenziale quando debba utilizzare il servizio pubblico (richiedere un qualsiasi certificato).
Non è possibile che le Regioni non effettuino attività di controllo in questo settore, non evidenziando i casi, che peraltro sono macroscopici, evidenti e sotto gli occhi di tutti. Vergogna, vergogna, vergogna.
L'intramoenia, allargata o no, è una truffa, una beffa ai danni del cittadino, una vergogna del nostro sistema, una furberia da italiani, un sistema che non deve essere assolutamente prorogato, anzi occorre stabilire in modo deciso che la situazione del veterinario pubblico è diversa da quella dei medici, e non esiste nessun motivo per cui debba essere effettuata attività libero professionale da parte dei dipendenti veterinari dello Stato. Nessuno. Mentre ne esistono infiniti per proibirla:
- incompatibilità della situazione controllato/controllore
- furto di denaro pubblico (se sono in giro pagato dallo Stato NON posso usare il telefonino, anche personale, per sbrogliare i fatti miei. Ma chi può controllare un veterinario, in giro in auto?)
- concorrenza scorretta
- evasione fiscale
- controlli "più morbidi" nei confronti degli allevatori clienti (questo è stato il motivo principale della permanenza di infezioni come la TBC bovina e la brucellosi in molti allevamenti, altro che prevenire le malattie dell'uomo...).
Non generalizzo, evidentemente, ma chiedo che il SIVeMP e gli altri sindacati dei veterinari dipendenti riconoscano la situazione, dichiarino esplicitamente l'incompatibilità etica, si esprimano chiaramente. Invece noi li abbiamo addirittura come rappresentanti nella FNOVI...
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