26 gennaio 2015

Le porte chiuse. Ma non per tutti? Chi specula sul farmaco veterinario?

Certamente l'azione più incisiva e moderna sul tema del farmaco veterinario è stata realizzata nel corso dell'ultimo anno dal SIVeLP, e bisogna dare atto dopo al suo Segretario Nazionale Angelo Troi di aver colto nel segno molte volte, attuando una strategia efficace.

Il settore è purtroppo dominato dalle lobbies farmaceutiche, sia a livello nazionale che europeo, e gli effetti sono sotto gli occhi di tutti (clicca)

a parità di principio attivo il farmaco veterinario italiano costa 3,4, 8,10 volte di più che non quello umano o quello europeo. Un vermifugo per cavalli costa in Italia più di venti euro, all'estero lo acquistate per dieci. 

Le confezioni sono inadeguate, talvolta sproporzionate, giustificate solo dal voler vendere più farmaco ad un prezzo più alto. Non si capisce perché a uguaglianza di prodotto, uno umano e uno veterinario, non si possa somministrare un prodotto umano e non uno veterinario, tanto più quando si parla di animali non destinati alla macellazione. 

I veterinari rischiano pesantissime sanzioni cercando di fare il corretto interesse del proprietario dell'animale, prescrivendo a parità efficacia il prodotto più economico. Addirittura è stato modificato anche il codice deontologico che in una versione di circa una decina di anni fa obbligava il veterinario a scegliere, in condizioni di eguaglianza, il prodotto meno costoso.

Il grosso problema è che qualcuno sta giocando anche con le istituzioni veterinarie, con la FNOVI e con gli Ordini.

Si è svolta recentemente una riunione esplicitamente "a porte chiuse" per parlare di questo problema nella sede della Federazione degli Ordini. La cosa strana è che non sia stato presente il Sindacato dei veterinari, tanto meno rappresentanze del movimento che in questo ultimo anno ha protestato contro lo stato di cose del farmaco veterinario, e che non si abbia nessun resoconto dettagliato di chi ha detto che cosa in questa riunione.

A giudicare da un intervento televisivo di ANMVI, associazione che ha un suo forte peso in FNOVI, si può ben temere che si voglia fare l'esercizio del Gattopardo, affermando di voler cambiare tutto perché non cambi in realtà niente. Si arriva alla solita richiesta di abbassare l'IVA sulle prestazioni veterinarie o sul farmaco veterinario, quando si dovrebbe sapere che verosimilmente questa richiesta non verrà accettata, che in altre nazioni l'IVA sul farmaco veterinario è addirittura più alta (in Francia il farmaco ha un'IVA normale del 19% esclusi i farmaci destinati alla riproduzione che pagano l'IVA al 10%), quand'anche questa richiesta venisse accolta creerebbe un ulteriore danno ai veterinari, derivante dal fatto che i veterinari possono dispensare il farmaco unicamente come "prestazione veterinaria", quindi con IVA al 22 + 2% di cassa previdenziale.

In competizione con i grossisti e i farmacisti, i veterinari partono svantaggiati proprio per questo motivo acquistano: acquistano il farmaco con l'Iva del 10% e devono rivenderlo con il 22 + 2%, lottando quindi ad armi impari

Quello che non si capisce è 

perché una lotta storica dei veterinari italiani, che hanno sempre affermato di voler vendere il farmaco come tutti i loro colleghi stranieri non venga portata avanti in questo momento.

Perchè tutti gli intervistati, dalla rappresentante del famoso "gruppo farmaco" della FNOVI al presidente ANMVI, non dicono una cosa molto semplice, e cioè che fare "vendere" e non "dispensare" il farmaco dai veterinari consentirebbe un abbattimento dei costi?

Esiste una forte pressione da parte di frange della professione veterinaria per costringere all'obbligatorietà dell'uso del farmaco veterinario, mantenendo la norma già in atto adesso. L'idea che queste frange hanno è che in tal modo si restringa il mercato e quindi la distribuzione tramite i veterinari se ne avvantaggi, traendone un reddito. Visione molto miope, soprattutto non funzionante, anche considerato il momento storico, in cui i proprietari hanno una grande attenzione al risparmio e quindi cercano sempre la fonte più economica.

Un altro brutto sospetto che viene è che le industrie farmaceutiche, fortemente sostenitrici di FNOVI e ANMVI tramite la pubblicità, esercitino una pressione per mantenere lo status quo, opponendosi a ogni riforma.

Le proposte invece che dovrebbero essere portate avanti, sentite dalla categoria, sono quelle di

- libertà di prescrizione tra farmaci umani e veterinari
- libertà di prescrizione di principio attivo
- possibilità per il veterinario di vendere il farmaco con Iva paritaria a quella dell'altra distribuzione (grossisti e farmacisti)
- libertà del veterinario di poter frazionare la confezione vendendo al proprietario unicamente la quantità necessaria alla terapia

La speranza è solo che la categoria smetta di abbeverarsi alle fontane dei facili slogan e luoghi comuni nella quale qualcuno cerca di spingerla e che soprattutto nessuno cerchi di giocare con le istituzioni veterinarie, togliendole dallo Stato di immobilismo e conservatorismo, con anche qualche dubbio peggiore, in cui versano adesso.

Nessun commento: