6 agosto 2014

Apre la Clinica Pani&Pesci?

Come possiamo commentare il fatto che il Comune di Milano abbia deliberato di fornire gratuitamente i locali a chi voglia aprire una struttura veterinaria che fornisca gratuitamente le cure per le famiglie più indigenti?

La prima cosa che salta all'occhio è la profonda ignoranza in materia economica sia dei nostri governanti che di tutto il nostro popolo. L'ignoranza economica è stata recentemente inquadrata come uno dei principali problemi della nostra cultura, e forse ne dobbiamo convenire.

Vediamo perché parliamo di ignoranza economica in questo caso. È del tutto evidente che un progetto del genere non può stare in piedi a meno che non arrivino massicce siringate di denaro dall'esterno.

Stiamo parlando, ricordiamo innanzitutto, di cure costose. Sulla valutazione di cosa sia "costoso" per ciascuno di noi, questa valutazione è indubbiamente soggettiva. Per comodità di ragionamento, parliamo di una spesa di mille euro (valore che può essere facilmente raggiunto e superato in caso di interventi chirurgici o terapie particolari, valore che può essere giudicato non costoso da qualcuno ma comunque ha una sua rilevanza).

Mettiamo nel ragionamento anche il fatto che per prestazioni non costose, che sono tra l'altro la maggioranza di quelle fornite dai veterinari, diciamo di ottanta euro, non ci si mettano in tanti ad attraversare Milano per usufruire dei servizi dell'ambulatorio. In altri termini, dal punto di vista economico, è ragionevole pensare che anche per usufruire di uno sconto, non tutti si dispongano ad affrontare il viaggio, peraltro con l'animale, magari ingombrante, per recarsi alla clinica che chiameremo d'ora in poi per convenienza "Pani e Pesci".

Quindi affluiranno alla clinica "Pani e Pesci" (chissà se ci sono due veterinari in giro che si chiamino così e siano disposti a fare società?) unicamente coloro che debbano affrontare una spesa considerevole, tale da giustificare il viaggio e le trasferte.

Ipotizziamo comunque che arriverebbero molti clienti alla clinica "Pani e Pesci" anche da zone periferiche di Milano. Come potrebbero gestire la questione i dottori Pani e Pesci? Le prestazioni più costose non sono tali perché ci sia un enorme profitto su di esse, ma più spesso perché richiedono attrezzature, materiali, competenze (che a loro volta richiedono partecipazione a corsi, acquisto di libri, studio, esperienze improduttive) e più in generale una prestazione è costosa perché per fornirla si affrontano dei costi maggiori che non per una prestazione di base.

In altri termini, è molto più conveniente in termini relativi fare un vaccino a quaranta euro che non una prestazione costosa a mille: il margine è molto più ampio, ci sono minori responsabilità, il tempo è più breve, insomma nel tempo che fai un intervento complicato riesci a fare dieci vaccini senza problemi e complicanze.

Quindi, i dottori Pani e Pesci si troveranno a erogare gratuitamente prestazioni costose che non verrebbero nemmeno compensate da un grande guadagno effettuato su prestazioni di base. Insomma, non possiamo pensare che la grande spesa necessaria per fornire un intervento chirurgico importante venga compensata da un prezzo molto alto delle prestazioni di base.

Sarebbe irrazionale fornire gratuitamente prestazioni molto costose e fare invece prestazioni di base a prezzi molto alti, che peraltro determinerebbero un aumento delle perdite (chi mai andrebbe a far vaccinare il proprio cane alla clinica Pani e Pesci per 150 euro?)

È quindi ovvio che economicamente il sistema potrebbe stare in piedi unicamente se qualcuno dall'esterno immettesse denaro in modo continuo. Come abbiamo già detto, presumibilmente alla clinica Pani e Pesci affluirebbero molti casi complicati che richiedono competenze e costi notevoli

È anche da notare che per casi del genere occorrono professionisti formati e competenti, direi anche di esperienza. Se decidessimo invece di impiegare nella clinica dei giovani neolaureati, magari disposti a un reddito minore in cambio della possibilità di fare esperienza, probabilmente questa non sarebbe la clinica "Pani e Pesci" ma piuttosto una macelleria pubblica, con mortalità presumibilmente impressionanti. Insomma, se devo fare delle anestesie, sarà meglio che abbia degli anestesisti competenti e analogamente per le chirurgie.

Senza tirarla tanto per le lunghe, dal punto di vista economico, non basta azzerare il costo dell'affitto per riuscire a fornire prestazioni importanti

Anche un'associazione verrebbe presto fiaccata da un sistema di questo genere. O c'è il trucco, l'inganno, da qualche parte, oppure economicamente questo diventa un modello improponibile. Ovviamente, se facciamo come il Sindaco di Torino, che concede poi milioni di euro all'associazione, allora qualche cosa è invece possibile, ma in linea di massima un'idea del genere sembra alquanto bislacca.

Dal punto di vista economico, c'è quindi questa grande ignoranza economica sia dei governanti sia di coloro che pensano che il denaro pubblico venga generato da una macchinetta o dall'asino cagasoldi ben conosciuto nella favola popolare. C'è anche una grande ignoranza della professione veterinaria, che evidentemente qualcuno pensa abbia degli enormi margini di reddito e che quindi sia molto facile riuscire a fornire miracoli economici per la folla.

In conclusione, ci sembra la classica iniziativa di malgoverno, demagogica, malconfezionata, probabilmente clientelare, destinata a fornire soldi a qualche associazione amica e generatrice di voti politici. Insomma, niente è cambiato dall'epoca dei romani e dal panem et circenses che servivano a blandire la folla. Tra Pisapia e Berlusconi, cambiano grosso modo solo le promesse, tutti alla ricerca di menzogne sempre più incredibili che poi si rivelano essere appunto solo un misero gioco politico.

Esiste ancora un'altra componente che ci colpisce in questa iniziativa, ed è certamente di origine veterinaria, cioè la diffusione della "cultura del gratuito" e anche dell'animalismo deresponsabilizzato, ambedue sostenuti da parte della veterinaria per troppo tempo, fino a queste estreme conseguenze.

La cultura del gratuito, che è la stessa della settimana del cucciolo, settimana dell'anziano, settimana della puerpera o quant'altro abbiamo visto in questi anni, è profondamente ignorante dei meccanismi della formazione del prezzo e delle dinamiche economiche.

Se una qualche prestazione viene fornita, anche per un tempo limitato, in un contesto ristretto, a costo zero, questo prezzo costituisce un valore di riferimento su cui l'acquirente si basa per crearsi un riferimento ma non solo in termini di prezzo, ma soprattutto di valore. Insomma, nessuno penserebbe mai di poter avere una Ferrari nuova a diecimila euro. Perché?

Il prezzo è un riferimento al valore delle cose, è una convenzione utilizzata dall'uomo per poter valutare semplicemente il valore altrimenti attribuito al baratto. In altri termini, se so che un cavallo vale 2000 e una vacca 1000 io posso avere un riferimento immediato per cui un cavallo vale due vacche. Se mai nessuno ha venduto una Ferrari a 10.000 euro, il mio valore di riferimento, il mio concetto psicologico sarà che è impossibile vendere una Ferrari nuova a 10.000 euro perché il suo valore è più alto e quindi nessuno venderà in perdita. Se io sapessi che per alcune settimane all'anno, da qualche parte, le Ferrari vengono venduti a questo prezzo, il mio valore di riferimento inevitabilmente crollerebbe, che io sia interessato o no all'acquisto. Non accetterei più di pagare una Ferrari a centomila euro perché saprei che è possibile, in qualche modo, acquistarla ad un prezzo 10 volte più basso, figuriamoci cosa succede invece nel caso del gratuito. Il valore della prestazione scende inesorabilmente a livelli infimi. Se è possibile ogni tanto ricevere una visita gratuita, ebbene, vuol dire che non ci sono poi così tanti costi di produzione o che mi conviene di molto aspettare, o che il prezzo comunemente pagato è straordinariamente esagerato. In ogni caso, pagare un prezzo pieno per qualcosa che viene offerto anche solo sporadicamente ad un prezzo zero è qualcosa che mina alle fondamenta la mia presunzione di valore per quel prodotto.

Pensare di diffondere la cultura del corretto trattamento dell'animale praticando la politica del prezzo zero è assolutamente folle e del tutto deresponsabilizzante. Un animale è fonte di impegni e di doveri, prima che di diritti. Come pensare di affidare animali a chi non ha nemmeno il senso di responsabilità per capire quello che si può o no permettere?


Su questa linea ci sono andati a nozze sia la FNOVI che ANMVI e qualche veterinario che ha pensato di scambiare un piccolo e modesto utile a breve termine con una grande perdita a distanza, tutti con enorme senso di irresponsabilità, lo stesso che è stato instillato nella mente di proprietari convinti che per avere un animale basti volerlo e poi i costi necessari per assisterlo non siano un problema.

Insomma, Pisapia pensa di fare miracoli perché per primi come categoria i veterinari stessi gli hanno detto che i miracoli si possono fare, quindi perché non provarci?

(gli aggiornamenti della curiosa vicenda in un prossimo post)

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