Come
possiamo commentare il fatto che il Comune di Milano abbia deliberato di
fornire gratuitamente i locali a chi voglia aprire una struttura veterinaria
che fornisca gratuitamente le cure per le famiglie più indigenti?
La prima
cosa che salta all'occhio è la profonda ignoranza in materia economica sia dei
nostri governanti che di tutto il nostro popolo. L'ignoranza economica è stata
recentemente inquadrata come uno dei principali problemi della nostra cultura, e forse ne dobbiamo convenire.
Vediamo
perché parliamo di ignoranza economica in questo caso. È del tutto evidente che
un progetto del genere non può stare in piedi a meno che non arrivino massicce
siringate di denaro dall'esterno.
Stiamo parlando, ricordiamo innanzitutto, di
cure costose. Sulla valutazione di cosa sia "costoso" per ciascuno di
noi, questa valutazione è indubbiamente soggettiva. Per comodità di
ragionamento, parliamo di una spesa di mille euro (valore che può essere
facilmente raggiunto e superato in caso di interventi chirurgici o terapie
particolari, valore che può essere giudicato non costoso da qualcuno ma
comunque ha una sua rilevanza).
Mettiamo
nel ragionamento anche il fatto che per prestazioni non costose, che sono tra
l'altro la maggioranza di quelle fornite dai veterinari, diciamo di ottanta euro, non ci si mettano in tanti ad attraversare Milano per
usufruire dei servizi dell'ambulatorio. In altri termini, dal punto di vista
economico, è ragionevole pensare che anche per usufruire di uno sconto,
non tutti si dispongano ad affrontare il viaggio, peraltro con l'animale,
magari ingombrante, per recarsi alla clinica che chiameremo d'ora in poi per
convenienza "Pani e Pesci".
Quindi affluiranno alla clinica "Pani
e Pesci" (chissà se ci sono due veterinari in giro che si chiamino così e
siano disposti a fare società?) unicamente coloro che debbano affrontare una
spesa considerevole, tale da giustificare il viaggio e le trasferte.
Ipotizziamo comunque che arriverebbero molti clienti alla clinica "Pani e
Pesci" anche da zone periferiche di Milano. Come potrebbero gestire la
questione i dottori Pani e Pesci? Le prestazioni più costose non sono tali
perché ci sia un enorme profitto su di esse, ma più spesso perché richiedono
attrezzature, materiali, competenze (che a loro volta richiedono partecipazione
a corsi, acquisto di libri, studio, esperienze improduttive) e più in generale
una prestazione è costosa perché per fornirla si affrontano dei costi maggiori
che non per una prestazione di base.
In altri termini, è molto più conveniente in termini relativi fare un vaccino a quaranta euro che non una prestazione
costosa a mille: il margine è molto più ampio, ci sono minori responsabilità,
il tempo è più breve, insomma nel tempo che fai un intervento complicato riesci
a fare dieci vaccini senza problemi e complicanze.
Quindi, i dottori Pani e
Pesci si troveranno a erogare gratuitamente prestazioni costose che non
verrebbero nemmeno compensate da un grande guadagno effettuato su prestazioni
di base. Insomma, non possiamo pensare che la grande spesa necessaria per
fornire un intervento chirurgico importante venga compensata da un prezzo molto
alto delle prestazioni di base.
Sarebbe irrazionale fornire gratuitamente
prestazioni molto costose e fare invece prestazioni di base a prezzi molto
alti, che peraltro determinerebbero un aumento delle perdite (chi mai andrebbe
a far vaccinare il proprio cane alla clinica Pani e Pesci per 150 euro?)
È quindi
ovvio che economicamente il sistema potrebbe stare in piedi unicamente se
qualcuno dall'esterno immettesse denaro in modo continuo. Come abbiamo già
detto, presumibilmente alla clinica Pani e Pesci affluirebbero molti casi
complicati che richiedono competenze e costi notevoli.
È anche da notare che
per casi del genere occorrono professionisti formati e competenti, direi anche
di esperienza. Se decidessimo invece di impiegare nella clinica dei giovani
neolaureati, magari disposti a un reddito minore in cambio della possibilità di
fare esperienza, probabilmente questa non sarebbe la clinica "Pani e
Pesci" ma piuttosto una macelleria pubblica, con mortalità presumibilmente
impressionanti. Insomma, se devo fare delle anestesie, sarà meglio che abbia
degli anestesisti competenti e analogamente per le chirurgie.
Senza
tirarla tanto per le lunghe, dal punto di vista economico, non basta azzerare
il costo dell'affitto per riuscire a fornire prestazioni importanti.
Anche
un'associazione verrebbe presto fiaccata da un sistema di questo genere. O c'è
il trucco, l'inganno, da qualche parte, oppure economicamente questo diventa un
modello improponibile. Ovviamente, se facciamo come il Sindaco di Torino, che
concede poi milioni di euro all'associazione, allora qualche cosa è invece
possibile, ma in linea di massima un'idea del genere sembra alquanto bislacca.
Dal punto
di vista economico, c'è quindi questa grande ignoranza economica sia dei
governanti sia di coloro che pensano che il denaro pubblico venga generato da
una macchinetta o dall'asino cagasoldi
ben conosciuto nella favola popolare. C'è anche una grande ignoranza della
professione veterinaria, che evidentemente qualcuno pensa abbia degli enormi
margini di reddito e che quindi sia molto facile riuscire a fornire miracoli
economici per la folla.
In
conclusione, ci sembra la classica iniziativa di malgoverno, demagogica,
malconfezionata, probabilmente clientelare, destinata a fornire soldi a qualche
associazione amica e generatrice di voti politici. Insomma, niente è cambiato
dall'epoca dei romani e dal panem et circenses che servivano a blandire la
folla. Tra Pisapia e Berlusconi, cambiano grosso modo solo le promesse, tutti
alla ricerca di menzogne sempre più incredibili che poi si rivelano essere
appunto solo un misero gioco politico.
Esiste ancora
un'altra componente che ci colpisce in questa iniziativa, ed è certamente di
origine veterinaria, cioè la diffusione della "cultura del gratuito"
e anche dell'animalismo deresponsabilizzato, ambedue sostenuti da parte della
veterinaria per troppo tempo, fino a queste estreme conseguenze.
La cultura
del gratuito, che è la stessa della settimana del cucciolo, settimana
dell'anziano, settimana della puerpera o quant'altro abbiamo visto in questi
anni, è profondamente ignorante dei meccanismi della formazione del prezzo e
delle dinamiche economiche.
Se una
qualche prestazione viene fornita, anche per un tempo limitato, in un contesto
ristretto, a costo zero, questo prezzo costituisce un valore di riferimento su
cui l'acquirente si basa per crearsi un riferimento ma non solo in termini di
prezzo, ma soprattutto di valore. Insomma, nessuno penserebbe mai di poter
avere una Ferrari nuova a diecimila euro. Perché?
Il prezzo è
un riferimento al valore delle cose, è una convenzione utilizzata dall'uomo per
poter valutare semplicemente il valore altrimenti attribuito al baratto. In
altri termini, se so che un cavallo vale 2000 e una vacca 1000 io posso avere
un riferimento immediato per cui un cavallo vale due vacche. Se mai nessuno ha
venduto una Ferrari a 10.000 euro, il mio valore di riferimento, il mio
concetto psicologico sarà che è impossibile vendere una Ferrari nuova a 10.000
euro perché il suo valore è più alto e quindi nessuno venderà in perdita. Se io
sapessi che per alcune settimane all'anno, da qualche parte, le Ferrari vengono
venduti a questo prezzo, il mio valore di riferimento inevitabilmente
crollerebbe, che io sia interessato o no all'acquisto. Non accetterei più di
pagare una Ferrari a centomila euro perché saprei che è possibile, in qualche
modo, acquistarla ad un prezzo 10 volte più basso, figuriamoci cosa succede
invece nel caso del gratuito. Il valore della prestazione scende
inesorabilmente a livelli infimi. Se è possibile ogni tanto ricevere una visita
gratuita, ebbene, vuol dire che non ci sono poi così tanti costi di produzione
o che mi conviene di molto aspettare, o che il prezzo comunemente pagato è
straordinariamente esagerato. In ogni caso, pagare un prezzo pieno per qualcosa
che viene offerto anche solo sporadicamente ad un prezzo zero è qualcosa che
mina alle fondamenta la mia presunzione di valore per quel prodotto.
Pensare di
diffondere la cultura del corretto trattamento dell'animale praticando la
politica del prezzo zero è assolutamente folle e del tutto
deresponsabilizzante. Un animale è fonte di impegni e di doveri, prima che di
diritti. Come pensare di affidare animali a chi non ha nemmeno il senso di
responsabilità per capire quello che si può o no permettere?
Su questa
linea ci sono andati a nozze sia la FNOVI che ANMVI e qualche veterinario che
ha pensato di scambiare un piccolo e modesto utile a breve termine con una
grande perdita a distanza, tutti con enorme senso di irresponsabilità, lo
stesso che è stato instillato nella mente di proprietari convinti che per avere
un animale basti volerlo e poi i costi necessari per assisterlo non siano un
problema.
Insomma, Pisapia pensa di fare miracoli perché per primi come categoria i veterinari stessi gli hanno detto che i miracoli si possono fare, quindi perché non provarci?
(gli aggiornamenti della curiosa vicenda in un prossimo post)
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