5 giugno 2013

Ancora sul canile ENPA. Approfondiamo la questione.

A me pare comunque che la vicenda del canile di Torino presenti anche degli spunti interessanti a prescindere dalle considerazioni già espresse sulla sua natura, che a me sembra più di malgoverno che di innovazione.

Al di fuori di questo, notiamo che ci sono alcuni aspetti interessanti. Che cosa fa ENPA?

- si fa pubblicità. In una città metropolitana, in un'area a forte presenza sia di clienti e di animali come Torino, cercheremmo invano sui giornali o altro mezzo qualche pubblicità di attività veterinarie. Niente. Come è possibile? A Torino sono presenti fior di veterinari, strutture tra le più competitive in Italia, catene di veterinari, università, centri di risonanza magnetica, TAC, strutture di eccellenza, insomma, non siamo certo in una zona sperduta!

Perché i veterinari non si fanno pubblicità? Molte le risposte, ad esempio potrebbero non trovare l'investimento redditizio, e questa sarebbe ancora la più accettabile delle motivazioni, oppure preferiscono usare mezzi diversi, magari meno "nobili" come praticare lo sconto sottobanco, e anche questa mi potrebbe pure star bene.
Ma io sono convinto che il motivo fondamentale sia perché "si vergognano" a farsi pubblicità. Abituati da troppi anni di "statalismo ordinistico", che diceva loro che farsi pubblicità era vietato e di disdicevole , la categoria non riesce a scrollarsi di dosso quest'idea balzana, antiquata e dannosa. Ci vergogniamo di farci pubblicità, siamo convinti che il proprietario dovrebbe venire da noi attratto dalla grande fama di luminare che ci dovrebbe accompagnare, impressionato dai resoconti di miracolose guarigioni diventate leggendarie, attratto dagli infiniti diplomi di partecipazione appesi negli ambulatori, stupito per il nostro prestigioso curriculum scientifico, ma non per un riquadro letto sul giornale che ci faccia conoscere commercialmente: per noi significa "essere commerciante" e non "sanitario".

La nostra idea di professione sanitaria è almeno ottocentesca, avvolta da reminiscenze letterarie, farcita di grande rispettabilità sociale esibita in marsine e pince-nez, come negli sceneggiati televisivi.

Non è così, non è più così, il mondo è cambiato: mentre in tutto il mondo i veterinari si fanno pubblicità, noi rimaniamo legati a schemi arcaici.

Non è così per ENPA, gestita da un laico che giustamente conosce il valore del far conoscere la propria attività per adesso con una pubblicità-informazione, successivamente potremo attenderci anche di meglio. In un panorama in cui i professionisti non si fanno pubblicità ovviamente una pagina come quella di La Stampa ha un effetto deflagrante.

Ancora troppi veterinari non fanno pubblicità, non hanno un sito Internet, non fanno la seconda cosa che fa ENPA, e cioè

- comunicazione. Correttamente ENPA comunica, sia con la pagina dell'articolo che con il suo sito Internet, ad esempio. Nella pagina dell'articolo dà al cliente delle informazioni essenziali, incluso un indirizzo di posta elettronica per avere approfondimenti. Ancora troppi veterinari, per non dire tutti, non fanno comunicazione, non hanno un sito Internet, non hanno una newsletter, non danno materiale informativo ai clienti, interpretano la loro attività come finita quando il proprietario dell'animale è uscito dall'ambulatorio. Non è così, occorre mantenere un contatto, una comunicazione. ENPA lo fa e siamo sicuri che la utilizzerà giustamente a proprio vantaggio, come pure ENPA fa anche

- concorrenza. In modo anche leale, aperto, almeno sotto il punto di vista della presentazione ENPA si immette sul mercato e dichiaratamente cerca di attrarre clienti da altri veterinari, di sottrarre clientela alla concorrenza. Lo fa sia utilizzando argomenti che a me paiono un po' a doppio taglio (il prezzo basso) che pubblicizzando anche la qualità, il livello della prestazione. Questo argomento fa parte anche del punto precedente: ENPA afferma con orgoglio di aver comprato "l'anestesia gassosa e un ecografo" per una cifra di € 20.000. Quanti veterinari hanno le stesse attrezzature e ovviamente anche molto meglio, hanno magari una grande organizzazione, un grande livello di professionalità, ma non la mettono sul mercato, non dicono ai proprietari che cosa hanno? Perché il veterinario non rivendica con orgoglio di avere anche lui la radiologia digitale, l'ecografia, il laboratorio, eccetera? Secondo me sempre per la paura della concorrenza, ritenuta disdicevole, sembrerebbe un "vantarsi".
Tutto questo mentre qualcun altro invece giustamente lo fa notare ma non solo.

ENPA fa non solo pubblicità ma anche informazione, comunica in modo aperto e trasparente, con poche parole, la propria semplice strategia tariffaria: una tessera, il costo del vaccino, altri costi favorevoli rispetto al mercato. Per carità, espone secondo me un argomento da poco, però lo espone. Comunica e informa sul proprio prezzo, mentre i veterinari nascondono il tariffario. Addirittura il Presidente dell'Ordine di Torino sostiene che pubblicare o affiggere le tariffe è "assolutamente inutile e riduttivo perché è un modo con il quale le appiattiamo e le rendiamo quindi paragonabili".

Se non ci apriamo a concetti di trasparenza e concorrenza saremo morti, e nemmeno in tanto tempo. Non aver afferrato questi concetti ai nostri tempi è peccato mortale, significa non aver capito i meccanismi fondamentali.

ENPA inoltre utilizza anche una
- forma innovativa di vendita in veterinaria. Non usa più il classico metodo "vieni, visito, paghi ed esci" ma utilizza un prezzo ribassato a chi è socio. Molto probabilmente esistono anche motivazioni legali e fiscali a questa modalità, ma in ogni caso è una forma di vendita diversa da quella tradizionale, cosa che invece i veterinari non riescono ancora a fare, sempre ancorati al modello tradizionale del "pago per una prestazione". Molto probabilmente occorrerebbe ragionare sul come ampliare e sviluppare le forme innovative di vendita nella nostra professione, ma anche qui decenni di immobilismo ci hanno paralizzato e non riusciamo a concepire un modo diverso di lavorare, che invece esiste eccome. Notare bene che la tessera fidelizza anche il cliente e crea un "legame" tra ENPA ed il suo cliente.

In conclusione, oltre al fatto che ENPA riceva contributi e possa quindi praticare dei prezzi artatamente scontati, la categoria non sa proporre un'innovazione dei servizi offerti e non sa pubblicizzare ciò che fa, rendendo doppiamente forte l'iniziativa ENPA, sia perché si presenta in modo eclatante che perché appare innovativa agli occhi dei proprietari.

Il vero problema è che i veterinari torinesi rischiano di perdere clientela a favore di ENPA non perché questa sia meno costosa, ma perché sia ritenuta più nuova, più moderna, più innovativa, in definitiva meglio, della concorrenza. E se perdi un cliente per il prezzo lo puoi ritrovare, se lo perdi per la qualità non arriverà mai più. Queste mi paiono riflessioni urgenti da fare e approfondire, cosa che invece non vedo da nessuna parte.

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