1 ottobre 2011

Le liberalizzazioni e il farmaco veterinario

Io rimango sempre perplesso quando vedo che le associazioni veterinarie, i nostri rappresentanti, non approfittano del momento favorevole per chiedere una liberalizzazione importante: quella sul farmaco veterinario, per cui si dice spesso che dovrebbe essere venduto anche dal Medico Veterinario, come avviene in tutti gli altri Paesi del mondo. Io ho già espresso le mie perplessità, e non sono così favorevole a questa vendita, ma ne riconosco comunque alcune possibilità di applicazione.

Si parla in questi giorni di liberalizzazioni, sono reputate necessarie da parte dell'Unione Europea, siamo in un momento strategicamente favorevole per chiederla. Eppure niente, non lo chiede la FNOVI, non lo chiede nessuno. Perché?

Molte le possibili risposte, dal fatto che la cessione del farmaco da parte del veterinario è già possibile per la prosecuzione terapia, e quindi ci si accontenta di questa soluzione, seppure imperfetta, alla generica avversione per le liberalizzazioni di cui non si riesce a vedere il valore positivo. Magari anche la volontà di non rompere un fronte comune (che tra l'altro non mi pare nemmeno esista) con l'Ordine dei farmacisti?

Ognuno cerchi le proprie risposte, ma secondo me occorrerebbe evidenziare il fatto che la vendita diretta del farmaco da parte del Medico Veterinario comporterebbe una diminuzione dei costi per le aziende, per i proprietari di animali e per i consumatori, una migliore efficienza del sistema, perché no, un aumento della concorrenza, mito oggi estremamente accettato dall'opinione comune.

Forse proprio l'aumento della concorrenza è un fattore deterrente: il veterinario avrebbe dalla propria l'estrema facilità di distribuzione, ma occorrerebbe una certa organizzazione ed efficienza, forse cose faticose da ottenere.

Che sia questo il motivo?

3 commenti:

giorgio ha detto...

Ciao Corrado,
La liberalizzazione ha tanti aspetti negativi, ma dobbiamo saper cogliere anche le possibilita'di intraprendere nuove strade. Se vogliamo avvicinarci un pochino all'Europa dobbiamo imparare dagli errori e far buon uso delle cose che funzionano negli altri paesi.
Sono per la prima volta d'accordo con te a riguardo della questione della chiusura delle facolta' inutili che sfornano professionisti disoccupati e impreparati che giustamente devono fare qualcosa. Si propongono come vaccinatori a costo zero e come medici con la sfera di cristallo che non riescono a diagnosticare la frattura di un arto e sottopongono il paziente a cure con antinffiammatori. Proporrei la riduzione di fondi per quelle facolta' che producono poco fino alla totale negazione dei fondi. Vedi, non capisco perche'se un azienda soffre, se un libero professionista non arriva a fine mese, chiude tutto e cerca altro, mentre le pubbliche amministrazioni devono sopravvivere e anzi arricchirsi facendo debiti. La ricerca e'forse l'unica voce del bilancio che deve avere indice negativo, ma attenzione limitato nel tempo e nel valore.
Ho divagato molto, ma volevo solo dire che dobbiamo riprenderci quello che altre figure professionali ci hanno tolto:vendiamo i farmaci, vendiamo le diete veterinarie, vendiamo gli integratori, cosi acquisteremo potere verso le altre categorie e non ci sentiremo secondi anche verso il venditore di ciotole e guinzagli.

corrado colombo ha detto...

Caro Giorgio, mi fa piacere il tuo concordare. Come scrivo nel post, io in genere non sono favorevole, per motivo tecnico, più che politico, alla vendita del farmaco. Ma proprio quelli favorevoli, in questo momento, strategico, se ne stanno zitti. Perché?
Grazie del commento,
corrado

redvet ha detto...

Scusate ma non sono favorevole per un motivo di correttezza. Noi compriamo i farmaci con sconti cospicui. A quanto li rivendiamo? A prezzo di listino, lucrando lo sconto? E il 21% di IVA va aggiunto? O invece al nostro prezzo, più IVA? O a una via di mezzo? Non ho studiato da bottegaio, con tutto il rispetto per la categoria.