Intendiamoci, ci sono molte ragioni: chi è Enrico Moriconi? Chi rappresenta? Con che diritto? Su che cosa si basa per le sue affermazioni? Con che fini? Politici? Perché Enrico Moriconi a me pare più titolato a parlare come politico che come veterinario.
Sul chi rappresenta, direi che questo è un vezzo italiano, quello di creare un'associazione, sempre molto personale, e poi iniziare a presentarsi in nome di questa associazione, senza badare a qual'è la sua percentuale di rappresentanza numerica, se al suo interno si svolgono democratiche e rappresentative elezioni oppure l'associazione è unicamente un'emanazione del dirigente. In conclusione, direi che secondo me Moriconi rappresenta se stesso, innanzitutto, e comunque può essere già abbastanza, trattandosi di un consigliere regionale piemontese, per molti anni (forse ancora adesso?) consulente dell'Onorevole Annamaria Procacci, la "mamma" della legge 281 sul randagismo. Insomma, ha un suo spessore.
Non conosco personalmente Moriconi, e calcolando che conosco invece moltissimi veterinari torinesi, qualcosa già vuole dire: non è che nella categoria abbia un grande seguito. Una curiosità. Conoscevo invece il padre, per molti anni stimato e conosciuto cronometrista nei concorsi ippici, una figura di grande simpatia che ricordo volentieri.
Certamente occorrerebbe un pochino più di trasparenza, tanto più se ci si presenta come veterinario, e soprattutto se si è un politico, onde non ingenerare il sospetto di presentarsi come un tecnico ed essere invece un politico. Sono cose diverse.
Vorrei comunque affrontare la questione da un punto di vista diverso da quello delle reazioni di cui abbiamo detto. Se anche uno sciocco dice che domani si alzerà il sole al mattino, non per questo dice una sciocchezza.
Vorrei comunque affrontare la questione da un punto di vista diverso da quello delle reazioni di cui abbiamo detto. Se anche uno sciocco dice che domani si alzerà il sole al mattino, non per questo dice una sciocchezza.
Esistono allevamenti lager, esistono situazioni non corrette, ma descrivere malamente la totalità delle strutture non è giusto. Affrontiamo il discorso più serenamente.
Prendiamola come una sfida, e vorrei partire un pochino da lontano, parlando di un libro che ho letto circa un anno fa.
"Se niente importa" di Jonathan Safran Foer, autore tra l'altro in questi giorni in Italia con la moglie, anche lei una scrittrice. Il sottotitolo è "Perché mangiamo gli animali?".
Vorrei narrare prima un aneddoto. Mi trovavo in una Facoltà di Veterinaria con un amico, anche lui veterinario, e sua figlia, che all'epoca doveva scegliere il corso di studi di laurea e si era recata lì per "fiutare un po'" l'ambiente. La ragazza, intelligente, sveglia e vegetariana, era presente mentre io e il Collega chiacchieravamo con un docente, che a titolo di battuta diceva "Come test di ammissione dovremmo mettere la domanda "L'animale è buono?" e accettare solo quelli che rispondono "Sì, arrosto". Il collega mi raccontò che la figlia non era sbottata unicamente perché ero presente io, altrimenti sarebbe saltata per aria a quella frase.
"Se niente importa" di Jonathan Safran Foer, autore tra l'altro in questi giorni in Italia con la moglie, anche lei una scrittrice. Il sottotitolo è "Perché mangiamo gli animali?".
Vorrei narrare prima un aneddoto. Mi trovavo in una Facoltà di Veterinaria con un amico, anche lui veterinario, e sua figlia, che all'epoca doveva scegliere il corso di studi di laurea e si era recata lì per "fiutare un po'" l'ambiente. La ragazza, intelligente, sveglia e vegetariana, era presente mentre io e il Collega chiacchieravamo con un docente, che a titolo di battuta diceva "Come test di ammissione dovremmo mettere la domanda "L'animale è buono?" e accettare solo quelli che rispondono "Sì, arrosto". Il collega mi raccontò che la figlia non era sbottata unicamente perché ero presente io, altrimenti sarebbe saltata per aria a quella frase.
Se sei veterinario sei cresciuto in un ambiente in cui certe cose vengono ampiamente date per scontate: che gli animali si allevano, che si mangiano, che il veterinario sa tutto di quello che riguarda l'animale. Pochi dubbi e molte certezze, le stesse che evidentemente ritroviamo nelle reazioni di cui sopra, come la classica "il veterinario opera per il benessere dell'animale, perché un animale che sta bene produce di più". È un ragionamento molto comune, ma con un grande limite logico. Nessuno può dire che non potrebbe stare meglio fino a quando non prova un nuovo comportamento. Quante volte pensiamo "Toh, avevo paura di cambiare la mia schiuma da barba ma questa è meglio di quella di prima"?
Inoltre mi pare che questo sia un ragionamento legato al benessere inteso come assenza di patologia, un concetto medico-fisiologico, molto diverso da quello etico che invece viene richiamato da chi combatte gli allevamenti intensivi.
Ho letto quindi il libro di Jonathan Safran Foer un po' come una sfida, anche colpito dalla fascetta di copertina "Tre edizioni in due settimane". Una sfida, ma anche un confronto: un libro è diverso da un quotidiano, che leggi unicamente per trovare le tue idee riscritte sulla carta. Un libro può contenere delle idee che non hai ancora, o che senti come contrarie alle tue, e il confronto è sempre interessante.
Nel suo libro JSF parla degli Stati Uniti, ma non necessariamente dice cose non adattabili alla nostra realtà. Qualche volta esce dal seminato, scrive delle esagerazioni ma probabilmente non delle falsità. Alcuni temi sono indubbiamente interessanti, e io penso che possano essere di stimolo alla crescita del settore dell'allevamento.
Viene affermata chiaramente la responsabilità del consumatore, con la corretta affermazione che il prezzo del cibo non è aumentato negli ultimi trent'anni. In rapporto a tutte le altre spese, il prezzo delle proteine è rimasto fermo ed in conseguenza di questo l'allevatore è stato costretto a produrre sempre di più ad un costo inferiore. Questa responsabilità etica non si può tacere e probabilmente deve essere affermata come prima cosa da parte degli allevatori.
JSF è vegetariano, anche se non cerca di fare proselitismo sfrenato, ma piuttosto racconta il percorso di questa scelta, accompagnata da alcune domande interessanti, ad esempio "perché il gusto, il più rozzo dei sensi, è dispensato dalle regole etiche che governano gli altri sensi?".
Si affrontano poi anche le responsabilità etiche dell'allevatore, secondo me ineludibili. "Mio padre non poteva permettersi di perdere un animale. Oggi parte dal presupposto di perdere il 4% senza fare una piega". Vero, troppo spesso l'allevatore ragiona sul fatto "se gli conviene curare un animale", basandosi su un calcolo individuale, legato a un animale e non alla totalità dei capi allevati, secondo me svicolando così dalle proprie responsabilità etiche, in un pensiero "contrario ai principi cristiani, vigliacco, indecente."
Allevare animali vuol dire anche prendersi cura di quella percentuale che deve essere curata, e non può essere sacrificata in nome di una semplice somma aritmetica. È vero che "sono i consumatori che dicono agli agricoltori che cosa devono far crescere", forse la chiave di volta di tutto il discorso, ma ciò non diminuisce la responsabilità degli operatori. Dobbiamo anche chiederci come professionisti se è vero che "I veterinari non lavorano più per la salute ottimale, ma per la redditività ottimale" e trarne le debite conseguenze.
Si affrontano poi anche le responsabilità etiche dell'allevatore, secondo me ineludibili. "Mio padre non poteva permettersi di perdere un animale. Oggi parte dal presupposto di perdere il 4% senza fare una piega". Vero, troppo spesso l'allevatore ragiona sul fatto "se gli conviene curare un animale", basandosi su un calcolo individuale, legato a un animale e non alla totalità dei capi allevati, secondo me svicolando così dalle proprie responsabilità etiche, in un pensiero "contrario ai principi cristiani, vigliacco, indecente."
Allevare animali vuol dire anche prendersi cura di quella percentuale che deve essere curata, e non può essere sacrificata in nome di una semplice somma aritmetica. È vero che "sono i consumatori che dicono agli agricoltori che cosa devono far crescere", forse la chiave di volta di tutto il discorso, ma ciò non diminuisce la responsabilità degli operatori. Dobbiamo anche chiederci come professionisti se è vero che "I veterinari non lavorano più per la salute ottimale, ma per la redditività ottimale" e trarne le debite conseguenze.
Nel libro si afferma che "L'allevamento intensivo cesserà prima o poi per via della sua assurdità economica. È completamente insostenibile.". Non so se sia vero, l'umano è attualmente carnivoro, e forse lo resterà ancora per un tempo lungo. Probabilmente mangiamo anche più carne di quella che sarebbe sano mangiare, ed è vero che attorno alla bistecca ci sono tantissimi interessi, più o meno dichiarati. Ma la carne pare ancora un pilastro dell'alimentazione, anche se meno saldo che trent'anni fa.
In conclusione, penso che non si possa continuare a negare la questione, o a fare muro contro muro. Esiste una forte componente dell'opinione pubblica che la pensa, forse anche in modo superficiale, come Moriconi, e secondo me con questa componente bisogna confrontarsi su una base etica. Il confronto deve coinvolgere in primis gli allevatori, ma ovviamente anche la categoria dei veterinari, che dovrebbero aprirsi a ragionamenti più filosofici che non "tecnici".
Io penso anche che esista una buona percentuale di consumatori disposti a pagare di più una bistecca "etica", proveniente da un animale non solo "allevato bene", ma anche rispettato nei suoi diritti fondamentali. Io mangerei più volentieri carne se sapessi questo.
Il mondo allevatoriale può crescere su questa nuova sfida, oppure ignorarla e lasciarla crescere, con il forte rischio di essere poi travolti. Non so se ne valga la pena, e comunque i veterinari dovrebbero e dovranno sempre più confrontarsi su questo territorio, quello etico.
Il mondo allevatoriale può crescere su questa nuova sfida, oppure ignorarla e lasciarla crescere, con il forte rischio di essere poi travolti. Non so se ne valga la pena, e comunque i veterinari dovrebbero e dovranno sempre più confrontarsi su questo territorio, quello etico.
Leggi "Se niente importa. Perché mangiamo gli animali", di Jonathan Safran Foer. Dai un'occhiata anche ai commenti di recensione della pagina IBS, mi paiono interessanti. Possiamo evitare il confronto? Io penso di no, che a questo punto bisognerebbe iniziare a ragionarci su. Inizia a farlo.
1 commento:
Viviamo nel mondo dell'etica e delle buone pratiche ma, forse, tali concetti hanno avuto un senso e sono stati applicati solamente quando imposti da religioni o ideologie.
Oggi servono per riempirsi la bocca o anscondere una civilità che si muove in senso diametralmente opposto, basta guardare la politica. Noi attribuiamo diritti agli animali cui ci fa comodo attribuirli, perche belli, simpatici o biologicamente corretti ma se dovessimo farlo veramente non potremmo distinguere tra un suino ed un virsu, tra un animale ed una pianta. Nella crisi di religioni ed ideologie, vengono meno i criteri filosofici che sono alla base dei comportamenti ed ogni gruppo, ogni civiltà si crea una sua etica di simpatie non oggettivata o oggettivabile, e la comunicazione di massa fa il resto. Chi non ricorda la grande crisi petrolifera degli anni 70. Era basata sulla teoria cheil petrolio sarebbe finito a momenti. Ebbene lo stiamo ancora usando, come continuiamo a mangiare, usare, eliminare forme biologiche diverse da noi. Forse l'uomo, onnivoro e non carnivoro, si adatterà a nuovi alimenti solo quando avrà convenienza economica, come è sempre successo.
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