25 settembre 2008

Rileggere Carteny. Anagrafe equina.

Non sapevo che un anno fa fosse prematuramente morto Cesare Carteny, funzionario del Ministero della Salute. Lo avevo incontrato durante una riunione al Ministero, che doveva trattare l'anagrafe equina, allora nascente, penso fosse il 2003.
Mi aveva colpito la sua memoria, direi quasi da Pico della Mirandola, nel ricordare sulla punta delle dita norme ministeriali, europee, anche remote. Probabilmente la stessa memoria è diffusa in tutti i Ministeri, e mi fa dire che le capacità ci sono, anche se mal gestite.

Vengono ripubblicati alcuni suoi articoli, e me ne interessa in particolar modo uno, sull'anagrafe equina, che mi piace commentare. Penso che il modo migliore di ricordare una persona scomparsa sia dialogarci. La nostra opera, piccola o grande che sia, ci sopravvive.

A me sembra che questo articolo sia veramente paradigmatico, sia l'esempio di come lo Stato, i Ministeri, considerano stessi ed il proprio rapporto con i cittadini.

Cosa dice Carteny, grosso modo? Sostanzialmente esprime il disappunto, lo sconcerto, per la decisione di passare l'anagrafe equina in mano al Ministero dell'Agricoltura e all'UNIRE. Lo fa a titolo personale, ma si può tranquillamente affermare che la sua sensazione è generalizzata nei servizi veterinari pubblici ad ogni livello. Ieri come oggi.

Ci sono tre aspetti che vorrei commentare.
Come si scrive
Uno è la scrittura di Carteny, che riassume bene l'atteggiamento dei Ministeri. Intendiamoci, a me piace Marcel Proust e la sua scrittura, ma in un contesto di letteratura, meno quando leggo di leggi, di politica. La frase con molte subordinate, incisi, tanto più se questi si riferiscono a numeri di leggi, provvedimenti, atti, rischia fortemente di diventare incomprensibile.
Questo è però un modo molto comune di dialogare dell'Amministrazione pubblica. Ricordo che avevo pensato, all'epoca, che capivo finalmente perché le leggi non vanno mai bene: nascono nel silenzio ovattato dei Ministeri, mentre fuori il traffico romano impazza.
Se leggete l'articolo una sola volta, anche se siete dei tecnici, non lo capirete, nemmeno adesso che l'anagrafe equina, i suoi pasticci, le incongruenze, sono ormai vita quotidiana. Nel 2003 probabilmente Carteny era uno dei pochi ad averne una previsione generale.
Insomma, scrivere così è tipico dei ministeri: non si capisce niente. Pochi i Ministri che si possono rimpiangere, ma Tullio de Mauro era uno. Scrivere in modo da farsi capire è il primo dei traguardi da raggiungere, se mai ci arriveremo. Ma ammettiamolo: ai Ministeri non gliene importa niente, di farsi capire. Sono una torre d'avorio, impermeabile al mondo. La stessa abilità di giocare con le parole per tirarne fuori un contenuto nascosto, Carteny ce l'aveva sicuramente. Infatti riesce ad interpretare la legge ben prima degli altri.
In fondo almeno lui aveva un buon dizionario, un linguaggio non banale. Ce n'è di peggio.
Dimenticare le proprie carenze
Nell'articolo si dimenticano completamente le carenze dei servizi veterinari nella gestione della loro sia pure rudimentale anagrafe equina. Come se si parlasse di un sistema svizzero di funzionamento, mentre chiunque si occupi del settore sa che era un pasticcio. Nemmeno prendere a modello l'anagrafe bovina basta, perché anche quella ha dei limiti enormi.
Tutti adesso pensano "funzionava male pure quella, ma almeno costava meno". Ma non basta a farla diventare un buon meccanismo, nemmeno nel ricordo.
Un'anagrafe sigillata, chiusa agli operatori, gestita "solo da me", funziona male. Se non sono il solo interessato all'argomento, anche gli altri devono dare la loro idea. In fondo, l'allora tavolo ministeriale diceva quello: tutti gli interessati portino il loro contributo. Ma già allora ci fu una sostanziale chiusura agli apporti esterni. Tutto in mano all'Amministrazione. Ed è proprio quest'idea dei Ministeri "chiusi" quella che fa naufragare le cose.
Esistiamo solo noi
Nessun accenno, nell'articolo, dell'esistenza del mondo. I veterinari liberi professionisti, gli Enti sportivi che hanno già un'anagrafe di cavalli, niente. Eppure, dobbiamo dirlo, sono questi che una competenza ce l'hanno già. Mettere il microchip a trenta puledri non è cosa da niente, presenta anche dei pericoli. Abbiamo ampia conoscenza di prelievi di sangue sospetti, in cui un cavallo fa da donatore per tutti gli altri, e voilà, va bene così. Cosa sarebbe successo con il microchip?
Fino a quando la veterinaria pubblica continuerà a pensare di poter lavorare da sola, senza l'apporto dei liberi professionisti, continuerà così: male.
Carteny riassume un po' tutte queste posizioni nel Suo scritto.
Personalmente penso che il problema non sia chi gestisce l'anagrafe, una questione di potere, anche piccolo, ma piuttosto com'è strutturata e gestita. E fino ad adesso abbiamo visto molto male: costi esorbitanti, norme contrastanti e spesso interpretate in modo non obiettivo, affermazioni pretestuose.
Mi dispiace per Carteny, magari avremmo potuto dialogarne. Purtroppo, come scriveva Pasolini, "La morte non è nel non poter comunicare, ma nel non potere più essere compresi".

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