2 settembre 2007

Un paio di calzini per 300 dollari.

La cosa affascinante del pricing è che coinvolge in realtà molti aspetti dell'umana vita. La psicologia, la percezione della qualità e delle cose, l'educazione ricevuta da bambini, i luoghi comuni, le convenzioni, le mode.

La rubrica delle lettere de La Stampa, Specchio dei Tempi, quest'estate ha visto il tormentone del caffè corretto di Bardonecchia. Un lettore ha scritto lamentandosi di aver pagato 2,50 euro un caffè corretto in un bar di Bardonecchia, località turistica di montagna. Ha inoltre affermato che Bardonecchia non è mica Saint Tropez (o altra località famosa, adesso non ricordo), per cui tale prezzo è immotivato. Lettere pro e contro tale ipotesi, ma nessuna che coglieva il senso fondamentale, tutte dicevano "nessuno ti obbliga al caffè corretto" o cose simili.

Invece, questo è un paradosso famoso. Chiedendo in uno studio quanto sarebbero stati disposti a pagare una Coca Cola consegnata sulla spiaggia, in arrivo da un chiosco o da un albergo di lusso, la maggioranza accettò di pagare di più per la seconda ipotesi. Eppure la bibita è la stessa e il servizio pure! Perché un caffè a Saint Tropez può costare di più che uno a Bardonecchia?

Perché c'è un valore aggiunto, che è dato da una serie di valori, taluni "estrinsechi", altri psicologici, personali. I primi valgono per tutti (il caffè bevuto in una posizione panoramica) i secondi personali (sono così gratificato dall'essere a Saint Tropez che accetto un prezzo più alto di quello di Bardonecchia). Il valore aggiunto è il motivo per cui le aziende accettano di spender cifre folli in pubblicità, ad esempio, o per cui esistono le "griffe".

In una pagina del suo blog, Reuben Swartz si chiede chi potrebbe e come vendere un paio di calzini a 300 dollari. Con una serie di risposte interessanti. E attinenti la sostanza, non i valori intrinseci.
Perché ci interessa tale argomento banale?

Perché in molti casi i professionisti vendono "commodities", cose che non hanno un valore aggiunto e paiono "banali". Un esempio per tutti, nella mia professione, le vaccinazioni, che in realtà non sono così banali. Sono comunque soggette ad una competizione sul prezzo. Soprattutto se non riesco a dare loro un valore aggiunto. Qualche esempio di questo valore? Il servizio di promemoria delle scadenze, che lungi da essere pubblicità è invece una cosa utile per il proprietario e l'animale. O l'informazione sulla malattia, la comunicazione. Tutte cose che costano poco e danno un notevole valore aggiunto.

Dovete confrontarvi su questo terreno, non su quello della diminuzione di prezzo, per vincere la battaglia. Sennò, lasciate perdere, inutile concentrarci su un'attività improduttiva economicamente.

Ora vi sembra difficile o impossibile, ma se avrete in mente questi ragionamenti e ci lavorate su con la mente aperta, qualcosa trovate. Fatemi sapere!

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Facoltà a numero chiuso
Non pensate che sia arrivato il momento di smetterla con queste stressanti selezioni?
Perché se devo entrare in una facoltà devo già sapere tutto prima di entrarci?
Non è giusto. Questa è la mia opinione. Ormai è più una questione economica che culturale.
Per affrontare un corso di preparazione ai test di medicina i costi sono da 750 euro fino ad un costo esagerato di 2000 euro. E se poi non entro? Ho fatto spendere soldi alla mia famiglia. Adesso esistono decine di libri diversi per i test. Le case editrici si arricchiscono e gli studenti che entrano in una facoltà sono 250/2500. perché devo rinunciare ai miei sogni? Perché per fare quello che mi piace devo essere ostacolato?
Il mio nome è Silvia. Sono una studentessa appena diplomata. Ho provato a fare i test in medicina ma non credo di essere entrata. Quest’anno mi sono ritrovata a fare i test in un’aula dove i 19enni erano pochissimi. Accanto a me avevo gente iscritta in farmacia, scienze biologiche e addirittura gente laureata. Perché questo? Perché al primo tentativo non si entra quasi mai. Per entrare in medicina devi avere almeno l’esperienza di un anno di scienze biologiche o farmacia.
Io sono contraria a questa selezione che si fa prima. È sbagliata. Si dovrebbero lasciare le porte aperte a tutti. Tanto una “selezione naturale” si verifica nel corso degli anni. E poi,visti i numerosi iscritti, si potrebbe fare come in giurisprudenza, ovvero si inseriscono al primo anno materie difficili in maniera tale che le persone interessate e volenterose continuino e quelle che erano lì per ripiego o per provare solamente se ne vadano a casa. Così sarebbe giusto. La facoltà in questo modo darebbe l’opportunità a tutti, solo quelli che riescono a darsi un certo numero di materie potrebbero continuare. Chiudere la porta a tutti prima di aver provato è sbagliato.
Sto cercando di diffondere questa idea. Cerco gente che mi sostenga, gente che la pensi come me e mi dia una mano per abbattere la barriera dei test. Ho pensato di scrivere a tutti i rettori delle università, di coinvolgere i sindaci delle maggiori città e di chiamare in mio aiuto personaggi come Beppe Grillo, che mi diano una mano. Ho bisogno però di gente che mi sostenga. Devo far scoppiare una “rivoluzione” e per far questo ho bisogno di ragazzi che abbiamo sogni, idee e voglia di fare quello che più desiderano e soprattutto siano incazzati perché le università ci stanno tagliando fuori. Questo è il mio indirizzo e-mail: silviagiambra@hotmail.it
Chi vuole aiutarmi e chi è contro le università a numero programmato, mi mandi una mail. Sto cercando gente per cambiare la situazione. Ho bisogno di aiuto. Da sola non posso fare molto. Ma se siamo in tanti, se davvero ci crediamo, allora sono convinta che qualcosa cambierà.
Grazie per l’attenzione,
Silvia.

corrado colombo ha detto...

Intanto i miei migliori auguri per il tuo esame sostenuto, e speriamo che sia superato.
Chiediamo la stessa cosa: seriet� e severit� durante il corso di studi.
Le Facolt� dovrebbero essere poche e buone e severe. La selezione fatta com'� adesso � certamente economica. Se hai l'amicizia importante, se puoi permetterti un corso di studi all'estero, avrai una buona laurea, altrimenti la situazione � quella che descrivi anche tu.
In un altro post ho detto come sia profondamente antidemocratico NON selezionare sul merito.
Cara Silvia, mi dispiace che tu, cos� giovane, debba sperimentare la delusione di essere italiana.
un consiglio buono ma difficile: scappa. Fuggi su un gommone o uno scafo, il primo che trovi, fai sacrifici, non demordere. Vai via, se puoi. E' dura, ma merita.
Lo so, � un consiglio terribile, ma � veramente onesto. Qui il Ministro Fioroni � la norma..